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Jan Naszewski • Venditore, New Europe Film Sales

“È importante discutere di marketing fin dalle prime fasi di un progetto”

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- Al CineLink Project Development, Cineuropa ha discusso con Jan Naszewski di New Europe Film Sales del ruolo dell’agente di vendita nelle prime fasi di sviluppo di un progetto

Jan Naszewski  • Venditore, New Europe Film Sales
(© Diana Lelonek/gazeta festiwalowa Na horyzoncie)

Con un catalogo che include vincitori delle principali kermesse cinematografiche, da Cannes a Berlino, pellicole in corsa agli Oscar e film sezionati al festival di Karlovy Vary, la società di vendita internazionale New Europe Film Sales, con sede a Varsavia, è considerata tra i numero uno dell’industria europea. In occasione del seminario CineLink Project Development, Cineuropa ha intervistato il proprietario della compagnia, nonché agente di vendita e organizzatore di festival Jan Naszewski, per scoprire quale ruolo può rivestire il marketing all’interno di un progetto allo stadio embrionale e per capire se davvero esiste una strategia “corretta” che i registi dell’Europa sudorientale dovrebbero seguire.  

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Cineuropa: Una società di vendita come può aiutare quei progetti che sono ancora alle primissime fasi di sviluppo?
Jan Naszewski:
Credo sia importante discutere di marketing fin dalle prime fasi di un progetto. In questo modo, il regista, il produttore e il distributore che lavorano insieme allo stesso film, costruiscono una visione comune riguardo la possibile forma finale del prodotto. Nel momento in cui queste discussioni non vengono affrontate fin dal primo stadio, può nascere una certa frustrazione più tardi nel processo di realizzazione. Indubbiamente, ogni cineasta guarda alla propria opera come a qualcosa di unico, e questo è senz’altro vero, ma nel marketing si tende comunque a indentificare tutti i riferimenti di un film e a confrontarlo con le pellicole più o meno simili, attraverso l’analisi delle locandine e altre diverse tecniche.

Secondo lei queste procedure possono influenzare registi e produttori?
Penso che questa procedura possa essere rivelatrice, specialmente per il regista e il produttore che, talvolta per la prima volta, si chiedono “è così che gli spettatori guarderanno il mio film?” Per me è importante spiegare loro che sono pienamente liberi di realizzare il proprio lavoro come meglio credono. Ma, al tempo stesso, dovrebbero rendersi conto che alcune scelte artistiche avranno un impatto sulla commerciabilità della pellicola e sul suo successo presso il pubblico. Quindi questa strategia di solito rassicura i registi, aiutandoli a formulare e definire le proprie intenzioni in anticipo, e in modo certamente più economico.

Quale strategia ha seguito con i partecipanti al seminario CineLink?
Con i partecipanti al workshop la questione verteva più sulla domanda “che cosa vorresti fare e come puoi raggiungere il tuo obiettivo?”, piuttosto che su “che cosa hai già e come puoi usarlo?” Ci siamo focalizzati sui diversi modi di proporre un progetto di fronte ai potenziali partner e investitori, prima che al pubblico finale. Per esempio, per alcuni dei progetti bisognava produrre un teaser o un moodboard che ne spiegasse lo spirito e meglio definisse le caratteristiche del lancio promozionale. Non si deve inoltre dimenticare che alcune idee saranno accolte più facilmente dal mercato ad appoggiare il progetto è già presente una troupe di qualità. Di solito, discussioni di questo tipo chiariscono numerose questioni e aiutano a decidere se valga la pena continuare il lavoro.

A suo parere i progetti provenienti dall’Europa sudorientale condividono le medesime tematiche?
Ho notato che oggi proliferano i racconti di persone che fanno ritorno nel paese natale o che cercano di riscoprire se stesse. È una tendenza che riguarda in particolare i giovani cineasti dell’area balcanica, che spesso sono cresciuti all’estero o che vivono in grandi città e provano nostalgia per la semplicità della vita rurale, o anche solo il bisogno di narrare la loro vicenda personale. Abbiamo però constatato che questo genere di opere raramente funziona. Altra tendenza che emerge dalla regione è quella legata a narrazioni esoteriche, quasi oniriche, nelle quali i dialoghi vengono usati poco o nulla. Le trame ruotano attorno a persone che si perdono nella natura, o ancora a personaggi che si risvegliano e hanno smarrito il senso della realtà. Sono pellicole capaci di sedurre una nicchia che mi piace chiamare “il pubblico di Rotterdam/New Horizons/BAFICI”. Senza ombra di dubbio, si tratta di una valida nicchia cui far riferimento, ma questi film devono essere molto precisi e soprattutto consapevoli dell’esistenza nel mondo di pellicole simili, in particolare nel cinema asiatico e latino-americano. Inevitabilmente si propone per queste storie il medesimo quesito: “quali elementi nuovi possono apportare al filone di appartenenza?”

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(Tradotto dall'inglese)

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