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CANNES 2016 Quinzaine des réalisateurs

La mia vita da zucchina: nel profondo dello sguardo infantile

di 

- CANNES 2016: Con un film d'animazione in stop-motion delicato, emozionante, originale e positivo sull’infanzia spezzata, Claude Barras firma una riuscita opera prima

La mia vita da zucchina: nel profondo dello sguardo infantile

"Siamo tutti uguali, non c’è più nessuno che ci ami". All’orfanotrofio Les Fontaines vivono sette bambini di una decina d’anni: sono i protagonisti del sorprendente La mia vita da zucchina [+leggi anche:
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dello svizzero Claude Barras, un’opera prima d’animazione notevole (sia per il tema che per la forma) svelata alla Quinzaine des Réalisateurs del 69° Festival di Cannes

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Il pacifico Courgette (Icare è il suo vero nome) non ha mai conosciuto suo padre e approda a Les Fontaines, aquilone sotto il braccio, dopo aver ucciso accidentalmente sua madre, una donna alcolizzata e aggressiva. Nell’orfanotrofio fuori città impara a conoscere i suoi compagni di sfortuna. I genitori di Simon si drogavano tutto il tempo, il padre di Ahmed è in prigione dopo una rapina a una stazione di servizio, la madre di Jujube aveva raggiunto uno stadio molto avanzato di delirio maniaco-depressivo, Béa è stata espulsa verso l’Africa e Alice ha ancora gli incubi sulle "cose disgustose" commesse da suo padre. Dal canto suo, la graziosa Camille, di cui Courgette si innamora all’istante, ha assistito all’uccisione di sua madre da parte di suo padre, poi al suicidio di quest’ultimo e "si capisce dai suoi occhi che ha visto tutto".

Con le loro brevi vite così riassunte nel loro precoce incontro con la crudeltà del mondo, i nostri sette bambini avrebbero potuto incarnarsi senza difficoltà nella vena più cupa del realismo sociale, ma è tutto un altro cammino, più dolce e più solare, che ha scelto Claude Barras adattando il romanzo Autobiographie d’une courgette di Gilles Paris con Céline Sciamma (che conferma la giustezza della sua scrittura dopo la sua trilogia da regista sull’adolescenza: Naissance des pieuvres [+leggi anche:
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). Perché contrariamente al paradigma abituale dell’orfanotrofio dipinto come luogo di maltrattamenti ulteriori alla Oliver Twist, Les Fontaines è un’oasi di pace, propizia alla ricostruzione, alla tolleranza e all’amicizia. Un approccio positivo rispetto alla cupezza del passato che non è tuttavia assolutamente un’edulcorazione, perché le ferite sconvolgenti e profonde di questi bambini sono sempre ben presenti. Ma esse riaffiorano senza invadere la scena, trovando espressione soprattutto nei silenzi e negli sguardi. Il film evita così la trappola di un’eccessiva drammatizzazione, tratta abilmente dei temi importanti (il vuoto affettivo, la famiglia ospitante, la custodia dei figli, l’adozione, ecc.) e può ancora dispiegare il suo semplice proposito poetico irrigato da una tenera empatia e un umorismo benevolente.

La mia vita da zucchina distilla con calma il suo forte potenziale emotivo grazie a una padronanza straordinaria dell’arte dell’animazione in stop-motion e giocando a meraviglia con il contrasto tra i suoi " personaggi-marionette" ben stilizzati e il naturalismo dei dialoghi e delle voci. Scandito da piani sequenza, il film esplora un territorio intimista lontano da quello regnante nell’animazione contemporanea a base di velocità e spettacolarità. E negli occhi immensi di Courgette e dei suoi amici si mescolano la coscienza acuta della violenza del mondo e tutte le virtù rigeneranti dell’amicizia e della proiezione verso un futuro migliore, come uno specchio per gli spettatori che sono stati tutti bambini, una volta.  

Prodotto dalla Svizzera via Rita Productions e dalla Francia con Blue Spirit Production, Gebeka Films e KNM, La mia vita da zucchinaè venduto nel mondo da Indie Sales.

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(Tradotto dal francese)

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