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CANNES 2016 Quinzaine des Réalisateurs

Un Fiore sboccia nella cella di un carcere minorile

di 

- CANNES 2016: Il quarto lungometraggio di Claudio Giovannesi emoziona con la storia di due adolescenti "criminali" che si innamorano in carcere

Un Fiore sboccia nella cella di un carcere minorile
Daphne Scoccia in Fiore

Un padre appena uscito di prigione, una figlia che entra in cella. Si gioca tutto su questo rapporto familiare forte, a corrente alternata, il quarto lungometraggio di Claudio GiovannesiFiore [+leggi anche:
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, selezionato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes come Fai bei sogni [+leggi anche:
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 di Marco Bellocchio.

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I primissimi minuti del film ci introducono alla protagonista Daphne (Daphne Scoccia), e alla sua attività principale, puntare un coltello alla gola della gente e rapinare gli smartphone nelle fermate meno frequentate della metropolitana di Roma. Arrestata dalla polizia, Daphne finisce in un carcere minorile misto, in cui la sezione femminile è separata ma contigua a quella dei ragazzi. Anche se nessun contatto è permesso, ci si può parlare furtivamente attraverso le sbarre delle finestre sul cortile o durante l'unico momento comune, la messa domenicale. Daphne così fa la conoscenza con un ospite maschile, un ragazzo di Milano chiamato Josh (Josciua Algeri). L'amicizia si consolida attraverso delle lettere che i due giovani si scambiano attraverso uno stratagemma (i carrelli della mensa).

Il punto di vista scelto dal regista è quello della protagonista e verrà mantenuto fino alla fine. Uno sguardo mobilissimo, come quello di un animale in gabbia. Daphne è una ribelle, insofferente alla cella, si scontra con le altre giovani detenute, anche se una trasformazione emotiva è già in atto. Il padre (Valerio Mastandrea) tarda a farle visita (lui stesso sta uscendo da un periodo di detenzione) e quando finalmente arriva è accompagnato dalla sua nuova donna (Laura Vasiliu). 

Fiore è in definitiva una storia d'amore a ostacoli, come tutte le storie d'amore. Un amore doppio. Quello di una adolescente per il padre (Daphne ha il suo nome tatuato sul braccio), un uomo dal passato criminale che si muove spaesato nel mondo libero e trascura la figlia soprattutto perché deve ricomporre i pezzi di se stesso. E l'amore nascente tra i due ragazzi. Nata in carcere, la love story si svilupperà fuori, ma da braccati. 

Giovannesi viene dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e ha iniziato la sua carriera da documentarista. Questa impostazione si riflette nel suo approccio al lungometraggio di finzione. Già in Alì ha gli occhi azzurri [+leggi anche:
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 l'obiettivo era mostrare un aspetto della società italiana, quello delle periferie. Senza esprimere giudizi ma raccontando. Per realizzare Fiore, il regista e i suoi co-sceneggiatori Filippo Gravino e Antonella Lattanzi hanno frequentato per 6 mesi il carcere minorile di Roma. Dove ha scoperto che il carcere è spesso "ereditario": la maggior parte dei giovani detenuti ha i genitori che sono stati condannati a loro volta. In Fiore mostra tutta l'innocenza che può nascondersi in questi adolescenti "criminali", che la società vuol tenere sotto chiave. La scelta dei due giovani attori non professionisti (lei è una cameriera nella vita, il ragazzo ha seguito un corso di teatro all'interno del carcere minorile di Milano) non fa altro che accorciare le distanze tra finzione e realtà, con la fotografia magistrale di Daniele Ciprì

Ogni film italiano ha la sua canzone. In questo caso è Maledetta primavera, cantata in carcere da una star del programma tv "Amici", suggerita al regista dalla collega Alice Rorhwacher. Fiore, venduta all’estero da Rai Com, esce il 25 maggio a Roma e Milano e a partire dal 1° giugno nelle sale di tutta Italia con BIM.

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