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FILM / RECENSIONI

La tourneuse de pages

di 

- Un noir raffinato ambientato nel mondo della musica classica. Una vendetta meditata che vede il confronto tra due attrici eccezionali filmate con tocco magistrale da un regista fuori dai canoni

Rivelazione del Marché du Film al Festival di Cannes 2006, dopo una proiezione al pubblico accolta da un’ovazione nella sezione Certain Regard, La tourneuse de pages [+leggi anche:
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intervista: Denis Dercourt
intervista: Michel Saint-Jean
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, quarto lungometraggio del francese Denis Dercourt segna l’emergere, sulla scena internazionale, di un regista sottile e profondamente originale. Affacciandosi per la prima volta da produzioni di tipo semi-artigianali a una prova di cinema di genere, il regista, che nella vita è anche professore di viola e musicista da camera al Conservatorio, mostra tutto il suo potenziale. Perché, sotto l’apparente semplicità della la storia di una vendetta, La tourneuse de pages presenta in realtà molteplici sfaccettature. Su un tema classico della settima arte, Denis Dercourt compone una sceneggiatura di rigore millimetrico, in un ambiente, quello dei musicisti, che conosce alla perfezione.

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Primo tempo: una bambina di dodici anni, figlia di macellai, coscenziosa e appassionata allieva di pianoforte, abbandona i suoi studi dopo aver fallito l'esame di ingresso al Conservatorio per la colpevole disattenzione di una nota concertista (Catherine Frot), membro della commissione. Secondo tempo: dieci anni dopo ritroviamo la bambina, ormai ventenne (Déborah François), nella elegante e isolata villa della musicista: senza rivelare di averla già conosciuta la ragazza si è fatta assumere come baby-sitter dal marito (Pascal Greggory) della concertista, un avvocato per cui ha lavorato per qualche mese. Terzo tempo: la concertista, che sta attraversando un periodo difficile, accorda tutta la sua fiducia alla nuova arrivata, e la sceglie come ‘tourneuse de pages’ (l'addetta a girare i fogli della partitura) per le esibizioni in programma, determinanti per la sua carriera: una morbosa attrazione si insinua tra le due donne.

Su questa trama lineare, il regista dissemina indizi ambigui , fino a rendere impossibile capire fino a che punto la giovane abbia architettato la sua vendetta: se improvvisi, approfittando di alcune coincidenze, o se manipoli consapevolmente le persone che la circondano. Giocando a meraviglia su queste zone d’ombra che tengono viva l’inquietudine nello spettatore, Denis Dercourt, che non nasconde la sua ammirazione per Occhi senza volto di Georges Franju (1959), rivela una grande maestria nel gioco della suspence. Alternando picchi d’intensità, da lampi di violenza (nella scena della piscina con il figlio della pianista o nella scena di seduzione con il contrabassista) a passaggi quasi contemplativi, il regista si appropria con finezza delle regole del thriller ed esprime la sua personalità di cineasta grazie alla telecamera che fluttua con eleganza e alla suggestiva scenografia. E, soprattutto, sottolinea il talento di due attrici come la sperimentale, carismatica Catherine Frot e la promettentissima Déborah François. Completamente trasformata rispetto al personaggio di L’enfant – Una storia d’amore [+leggi anche:
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intervista: Luc & Jean-Pierre Dardenne
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dei fratelli Dardenne, la giovane attrice belga apre, con la sua interpretazione enigmatica e freddamente sensuale ne La tourneuse de pages, un capitolo hitchcockiano della sua breve cinematografia, che potrebbe offrire degli spunti a molti registi. Concentrandosi sull’alchimia del calore e della freddezza emotiva tra le due donne, Denis Dercourt racchiude i suoi due personaggi nello stesso quadro, muovendosi abilmente fra i loro punti di vista grazie a un montaggio firmato da François Gedigier (più volte complice di Chéreau, Desplechin, Berri, ma anche di Lars von Trier in Dancer in the Dark). E questo faccia a faccia al femminile, impregnato di un clima di minaccia diffusa, non ha paura di dialoghi superflui, che fanno gioco all’universo musicale grazie a un’esplorazione realistica, quasi documentaria, ma splendidamente resa nella sua dimensione di fiction cinematografica, del quotidiano degli artisti (prove, audizioni, concerti). Un insieme che fa di La tourneuse de pages un lavoro da orafo in cui la ferocia psicologica avanza mascherata sotto la vernice delle emozioni contenute.

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(Tradotto dal francese)

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