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FILM / RECENSIONI

Brotherhood

di 

- Una sorprendente opera prima danese vincitrice del Festival di Roma 2009. Una regia brillante per una contrastata storia di amore omosessuale nell'ambiente neonazista

Come Brokeback Mountain di Ang Lee, ingiustamente indicato come “film dei cowboy gay”, il debutto del danese Nicolo Donato, Brotherhood [+leggi anche:
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, vincitore al Festival del Film di Roma, sarà ricordato come il “film dei neo-nazisti gay”. E sarebbe un peccato, perché il film è una storia d’amore, anche se fra due persone con i capelli rasati e le svastiche tatuate.

Lars (Thure Lindhardt, Flame in Flame & Citron [+leggi anche:
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) è stato congedato dal servizio militare poco prima di essere promosso a sergente a causa di alcuni pettegolezzi. Incerto sul futuro e assillato dalla madre, il giovane inizia a frequentare gli strati più bassi della società, in un gruppo che sostiene gli ideali neo-nazisti ed il partito stesso in Danimarca.

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Leader della violenta gang è il prestante Michael (Nicolas Bro), che viene subito apprezzato da Lars, anche quando si trova completamente in disaccordo con lui, perché sincero e diretto. Donato avrebbe forse potuto spendere un po’ più di tempo a illustrare le ragioni per le quali Lars diventa così rapidamente membro del Partito, ma il senso palpabile di cameratismo e appartenenza tra i ragazzi spiega in parte il perché della sua adesione al gruppo.

Nella gang ci sono anche i fratelli Jimmy (David Dencik, in A Soap [+leggi anche:
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) e Patrick (Morten Holst, figlio del produttore del film Per Holst). Quando Lars lascia la casa dei genitori dopo una lite, Michael lo manda a vivere temporaneamente con Jimmy.

In alcune scene, dirette con potenza e basate sulla evidente chimica cinematografica fra gli attori, sulla precisione del montaggio e sull’eccezionale lavoro della macchina da presa (che bilanciano gli sguardi intimi e più ampi), scoppiano scintille fra Jimmy e Lars, anche se nessuno dei due sa bene come comportarsi.

Una successione di primi piani — di Lars, poi di Jimmy, e poi ancora quando quest’ultimo ha chiuso la porta della sua camera — viene eseguita alla perfezione, e dimostra il vecchio detto che le immagini possono più delle parole. E tutto questo arriva da un regista non educato convenzionalmente al cinema, e al suo esordio.

Parte della forza del film deriva dalla sceneggiatura, scritta da Rasmus Birch insieme al regista. I veri temi del lungometraggio non sono la vile ideologia e i suoi giovani aderenti o l’omosessualità in particolare, quanto semplicemente il romanticismo e le emozioni, incompatibili con l’ambiente dal quale i personaggi derivano il loro senso di primaria identità.

Come suggerisce il titolo, Brotherhood (“fratellanza”) parla dell’appartenenza, e sottolinea la difficile relazione tra Jimmy e Patrick. Il rapporto fra i due viene duramente messo alla prova quando Michael preferisce Lars a Patrick, nonostante Lars faccia parte del gruppo soltanto da un paio di settimane, e suggerisce sottilmente l’idea che i legami — di sangue, emotivi e politici — sono in un flusso costante.

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(Tradotto dall'inglese)

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