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FILM / RECENSIONI

Une vie meilleure

di 

- Guillaume Canet e Leïla Bekhti nella spirale del sovraindebitamento. Amore e sopravvivenza economica brillantemente messi in scena. Miglior attore al festival di Roma e premio Cineuropa a Estoril.

Une vie meilleure [+leggi anche:
trailer
intervista: Cédric Kahn
scheda film
]
è una storia d'amore anticapitalista nell'era apocalittica in cui le banche d'investimento stanno facendo fuori l'Europa, e un operatore finanziario esperto può far crollare un paese grande come l'India. Dalla macro alla microeconomia, i protagonisti del film di Cédric Kahn sono alla ricerca di un domani felice, vivendo un oggi da incubo, fatto di prestiti, indebitamenti infiniti, burocrazia omicida e strozzinaggio istituzionalizzato capaci di distruggere qualsiasi idillio e dividere gli individui.

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Con adeguati primi piani, Kahn fotografa senza compiacimento il protagonista Yann, interpretato con partecipazione dal regista-attore Guillaume Canet, volto borghese che qui si trasfigura in un cuoco trentacinquenne che vuole emanciparsi, fare un salto di qualità sociale, crearsi un lavoro senza padroni e la sicurezza economica, senza timore di scontrarsi con una realtà dura, perché lui, nato in una casa-famiglia, la vita la conosce bene in tutta la sua durezza.

Il regista lo pedina attraverso una Parigi spietata, specchio di un'Europa al collasso, popolata di immigrati clandestini dal futuro in bilico, nuovi poveri che rendono bene l'idea dello slogan di Occupy Wall Street: "noi siamo il 99%". Yann incontra Nadia (Leïla Bekhti), cameriera ventottenne di origine libanese con un bambino di 9 anni a carico, Slimane (Slimane Khettabi). I due si amano subito. Insieme vogliono aprire un ristorante alla periferia della capitale. La loro situazione finanziaria li precipita nel girone infernale dei finanziamenti. Yann, tenace e impulsivo, persegue il sogno di piccolo imprenditore e s'indebita sempre di più, mentre Nadia, più pragmaticamente, decide di sacrificarsi e partire e Canada, verso un lavoro più sicuro, affidando il figlio al compagno con la promessa di spedire presto un biglietto d'aereo per raggiungerla.

Cédric Kahn offre uno sguardo reale, di drammatica attualità, descrivendo i meccanismi del credito, i rischi nascosti delle carte revolving, e nello stesso tempo facendoci conoscere l'integrità di Yann, la sua assoluta onestà. L'uomo instaura un legame forte con il bambino, cercando di insegnargli i valori morali necessari alla vita in quella jungla di sfruttamento. Lui stesso rinuncerà per un momento alle sue regole pur di dare un futuro alla sua "famiglia", andando in Canada alla ricerca della donna che non da più sue notizie da mesi.

La seconda parte del film è il momento in cui la retorica si fa impellente, quasi necessaria e la sceneggiatura, scritta da Kahn con Catherine Paillé e tratta dal romanzo Pour une vie plus douce di Philippe Routier, si fa un po' più debole. Ma la grande solidità registica e la performance di Guillaume Canet rivelano l'urgenza del raccontare e sostengono il film fino all'apparente happy ending, quando Une vie meilleure sembra voler dare una risposta a quella speranza iniziale. Bisogna ripartire, rivedere le proprie aspirazioni, ricostruire i valori, scoprire e assaporare la felicità anche nella povertà. Senza smettere di sognare.

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