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FILM / RECENSIONI

Blondie

di 

- Il terzo lungometraggio del regista svedese racconta una storia familiare tutta al femminile con i toni della commedia agrodolce.

Quando in un film c'è una riunione di famiglia, il più delle volte va a finire male. Non fa eccezione il nuovo lungometraggio dello svedese Jesper Ganslandt, Blondie [+leggi anche:
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intervista: Jesper Ganslandt
scheda film
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, racconto familiare tutto al femminile, presentato alle Giornate degli Autori di Venezia, che cala un poker di straordinarie attrici, tutte meravigliosamente bionde. La "blondie" del titolo, però, è Elin (Carolina Gynning, ex modella e star del Grande Fratello svedese), seconda di tre sorelle molto diverse fra loro, ma unite dalla stessa inquietudine esistenziale, ora nascosta, ora più manifesta. E' da Elin che si parte all'esplorazione di questo controverso nucleo familiare ed è a lei che lo spettatore rimarrà attaccato durante tutto il film, sebbene la storia sembri all'inizio essere corale. Perché è un personaggio che cattura, al contempo drammatico e divertentissimo, fragile, dolcemente sbandato e percorso da una vena di follia.

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Per festeggiare il suo settantesimo compleanno, una madre (l'attrice teatrale Marie Göranzon) convoca nella loro casa d'infanzia le sue tre figlie: Elin, modella, che divide la sua vita tra set fotografici, cocaina e incontri occasionali; la primogenita Katarina (Helena af Sandeberg), sposata, due figli e un amante giovane; la piccola di casa, Lova (Alexandra Dahlström), che vive a Londra ed è facile al pianto e agli attacchi di panico. Come spesso accade nelle famiglie, i ruoli sono ben definiti: Katarina è sempre la più affidabile, Lova è sempre la più coccolata, Elin è sempre la più bistrattata. Le tre sorelle si ritrovano, scherzano, ballano, ma i festeggiamenti lasceranno presto il passo al riemergere di ferite e rancori repressi, svelando poco a poco la figura di una madre che non è amorevole come sembra.

Un tema, quello delle famiglie sul punto di esplodere, ricorrente nel cinema nordico: "E' un soggetto cui è facile relazionarsi e identificarsi", osserva Ganslandt, "ma le mie donne non si fanno domande esistenziali, come nei film di Bergman. Sono semplicemente incazzate". "Il mio obiettivo era creare una famiglia credibile", prosegue il regista, "per questo abbiamo provato per sei mesi, partendo dalle improvvisazioni: lavare i piatti, uscire insieme, stare sedute sul divano". "Durante le riprese, abbiamo vissuto insieme. Ora siamo rimaste in contatto. Alla fine si è creata una vera famiglia", sottolinea Helena af Sandeberg.

L'intimità che trasmettono le quattro attrici è effettivamente forte, alla fine sembra quasi che si assomiglino davvero. Obiettivo raggiunto, dunque, per un film ben riuscito: una commedia agrodolce, uno splendido ritratto di donne, un quadro sfumato e veritiero di gioie e dolori familiari.

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