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FILM / RECENSIONI

Corpo Celeste

di 

- Quello che sta dietro l'apparato del cattolicesimo nel Sud Italia. Un'opera prima realista, sensibile e sottile scoperta a Cannes.

Esordio nel lungometraggio riuscito e affascinante per l'italiana Alice Rohrwacher (29 anni), che ha presentato al pubblico Corpo celeste alla Quinzaine des réalisateurs del 64mo Festival di Cannes. Ritratto sensibile di un'adolescente catapultata in una Reggio Calabria cosparsa di detriti e trafitta da autostrade, il film affronta in maniera diretta il tema spinoso dell'influenza del cattolicesimo sulla società italiana. Man mano che la storia si fa più densa, Corpo celeste [+leggi anche:
trailer
intervista: Alice Rohrwacher
scheda film
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riesce benissimo ad amalgamare un realismo che si avvicina al documentario e una bella regia, un'immersione nella psicologia dell'isolamento e un umorismo acerbo tragicomico, una profondità contemplativa e una violenza implicita, il minimalismo del quotidiano e l'infinito teologico.

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Martha (Ile Vianello) ha quasi 13 anni, un'acne giovanile e un mutismo pronunciato. Cresciuta in Svizzera con la sorella maggiore (che la fa sentire continuamente inferiore), eccola di ritorno con la madre (Anita Caprioli) a Reggio Calabria, la loro città d'origine, in un caos di palazzi aggrovigliati e aree abbandonate. A parte la famiglia della zia, non ha nessun punto di riferimento, finisce in una processione notturna ("Cosa facciamo qui? Preghiamo") e viene poi iscritta al catechismo. Tenute dalla fedelissima Santa (Pasqualina Scuncia), queste lezioni hanno lo scopo di stimolare l'interesse degli adolescenti verso la religione attraverso un approccio moderno che spesso sfiora il ridicolo: quiz, giochi, il balletto delle vergini, cantare frasi come "mi connetto a Dio, è la giusta frequenza", espressioni pedagogiche come "sentire lo Spirito è come avere dei super occhiali da sole"... Ma il messaggio fondamentale non cambia: "La chiesa ha le risposte a tutte le domande".

Don Mario, il parroco della chiesa (Salvatore Cantalupo), ha invece preoccupazioni meno spirituali: impressionare i suoi superiori per ottenere un trasferimento ("fa carriera anche se non sa pregare bene"), raccogliere il denaro degli affitti e soprattutto assicurarsi i voti dei fedeli per il "buon candidato" alle imminenti elezioni. In questo contesto, la selvaggia Marta non riesce a trovare il suo posto e cerca se stessa, percorrendo in solitudine i tetti e le strade della città, quasi come una Rosetta di un'altra realtà, scoprendo pian piano la violenza nascosta sotto la patina dottrinale.

Come un percorso iniziatico che conquista l'empatia dello spettatore, Corpo celeste ha il suo momento più significativo nella seconda parte con la "ribellione" di Marta contro l'ordine stabilito e una splendida fuga in un paesino abbandonato dell'entroterra montagnoso. Evitando lo scoglio dell'anticlericalismo e al di là della traiettoria della sua avvincente protagonista, il film di Alice Rohrwacher (arricchito dalla direttrice della fotografia Hélène Louvard) stimola una riflessione sullo smarrimento sociale, culturale ed economico nell'Italia del sud. Una constatazione che trova una risonanza nell'enigmatica preghiera "Eli, Eli, lama sabachthani?" di cui Marta svelerà il significato segreto: è Gesù che grida "Dio mio, perché mi hai abbandonato?"

Prodotto per 1,5 milioni di euro dall'Italia (Tempesta con Rai Cinema e Cinecittà Luce), la Francia (JBA e Arte France Cinéma) e la Svizzera (Amka con RSI e SRG SSR), Corpo Celeste è venduto all'estero da Rai Trade.

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(Tradotto dal francese)

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