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Nuno Lopes • Attore

L'attore e la ricerca del metodo

di 

- La sua interpretazione in Alice svela un attore di grado di padroneggiare pienamente la sua potenzialità drammatica, come non gli si era mai visto fare. Un attore in odore di "shooting star"

La carriera di Nuno Lopes, 27 anni, inizia a teatro: una passione che l’ha portato a lavorare con i registi più diversi, come Luís Miguel Cintra, António Pires, Christine Laurent o Brigitte Jacques. In Portogallo, il suo nome tuttavia è indissolubilmente legato ai programmi satirici dove era solito creare personaggi farseschi e caricature dei partecipanti dei reality show. Sul grande schermo, si era visto in Peixe Lua di José Álvaro Morais ed in António, um rapaz de Lisboa di Jorge Silva Melo, prima della sua prima esperienza all’estero in Ma Mère di Christophe Honoré.

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Cineuropa: Che cosa ti ha attratto in questo personaggio?
Nuno Lopes: Mário è un personaggio ricchissimo. Rappresentava una grande sfida per me perché è presente praticamente dall’inizio alla fine del film. La macchina da presa lo segue continuamente, fatto che esigeva una capacità di trattenersi ed una precisione enormi nel mio modo di recitare. Parlando col regista, ho capito che intendeva fare un film sull’ossessione e sulla solitudine in una grande metropoli. Sono argomenti che interessavano anche me.

Come ti sei avvicinato al personaggio? Il film è ispirato ad un fatto realmente accaduto, seguito da vicino dai media. Hai avuto contatti con la famiglia del bambino scomparso?
Ho incontrato Filomena Teixeira, la moglie di Rui Pedro. E’ stato uno dei momenti più importanti della mia preparazione. In un certo modo mi ha fatto comprendere che perdere un figlio in simili circostanze, è peggio della morte. C’è stata anche un’intensa preparazione col regista. Abbiamo entrambi riscritto la sceneggiatura, abbiamo provato molto. Volevo rappresentare un uomo in un perenne stato di ricerca; non qualcuno sull’orlo della depressione o della morte. Fisicamente, ho tentato di essere il più stanco possibile, sono dimagrito e non ho dormito molto durante i tre mesi di riprese, affinché la fatica si impossessasse veramente del mio corpo. Ma a livello psicologico, volevo mostrare esattamente l’opposto, rappresentare qualcuno sempre pronto a battersi.

Quest’uomo è ossessionato o questo genere di speranza ‘attiva’ è tutto ciò che gli rimane ?
Credo ch’egli non si veda ossessionato. Se ti viene rapito un figlio non credo si abbia molta scelta. C’è una scena che, per me, riassume il suo stato d’animo. Un amico gli dice: "E se Alice non fosse più a Lisbona ?", al che lui risponde "Cos’altro potrei fare?". Contrariamente a sua moglie, Mario non crede nel sistema. Si crea allora un mondo fatto a sua misura, un sistema alternativo per continuare a vivere e a battersi. L’ossessione è l’immagine che abbiamo di lui perché ci troviamo al di fuori del suo mondo, perchè non abbiamo mai vissuto una tragedia simile. Malgrado tutto, credo che rappresenti una speranza per l’avvenire.

Cosa ti ha portato Alice in quanto attore?
Per me questo film ha rappresentato soprattutto un’opportunità di migliorare la mia tecnica di recitazione al cinema. E’ un linguaggio particolare, molto diverso dalla televisione e dal teatro. E’ stato un apprendistato importante perché nei miei film precedenti avevo sempre avuto poche pose. Non mi ero mai reso conto di quanto il cinema potesse essere importante per me. Alice mi ha dato la voglia di continuare a migliorare questa tecnica – pensavo di approfondire la mia formazione a New York l’anno prossimo - e di continuare al lavorare nel cinema.

Dopo le ottime recensioni ricevute a Cannes prendi in considerazione l’ipotesi di lavorare in una co-produzione europea?
Niente di previsto per ora, ma mi piacerebbe molto. La sola esperienza di cinema all’estero che ho avuto sinora è stata in Ma Mère. Era un piccolo ruolo ma ho avuto l’opportunità di lavorare con Isabelle Huppert. Ecco, lei è un’attrice che padroneggia perfettamente la tecnica della recitazione cinematografica.

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