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Corneliu Porumboiu • Regista

È l'ora della rivoluzione

di 

- "Il mio è un film sulla marginalità, su quello che è accaduto nella periferia del mio paese il giorno in cui tutto è cambiato"

Corneliu Porumboiu, trentunenne cineasta rumeno premiato allo scorso Festival di Cannes con la Camera d'Or (prestigioso riconoscimento al miglior film di un esordiente) è l'autore di una delle commedie più originali ed intelligenti degli ultimi anni, A est di Bucarest [+leggi anche:
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. Convinto che "la verità storica non esiste", ha tracciato un ironico e pungente ritratto della Romania di oggi attraverso i ricordi di quel 22 dicembre del 1989, quando cadde il dittatore comunista Nicolae Ceausescu.

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Cineuropa: Perché ha scelto di girare un film sulla caduta del comunismo in Romania, 16 anni dopo?
Corneliu Porumboiu: Mi ha ispirato un programma televisivo che ho visto ben sei anni fa e che poi ho scelto di raccontare in questo film: c'erano tre personaggi che parlano di quello che è successo alle 12:08 del 22 dicembre del 1989, l'ora in cui in televisione è stata trasmessa la fuga del dittatore Ceausescu e, quindi, la fine del regime comunista. All'inizio del programma ho cominciato a ridere, ma poi sono diventato furioso ed ho spento il televisore. Volevo che accadesse la stessa cosa con il mio film.

Per questo ha pensato di girare il film in chiave di commedia?
Sì, assolutamente, perché lo humour è una parte molto importante della cultura romena in particolare e di tutti i popoli dell'Europa centro orientale in generale. Il film riprende quel modo molto viscerale di raccontare e mettersi a discutere di quello che è accaduto quel giorno.

Lei cosa faceva quel giorno?
Stavo giocando a ping pong con un mio amico. Avevo tredici anni. Quando sono tornato a casa ho trovato tutta la mia famiglia riunita attorno al televisore, come tutto il resto del paese, perché alle 12:08 di quel giorno erano tutti a guardare la fine del comunismo in diretta televisiva. E' stato un momento che ha cambiato le nostre vite per sempre.

Nel film si discute in una piccola tv se ci sia stata veramente una rivoluzione quel giorno: c'è chi dice che vi ha partecipato e chi sostiene che nessuno è mai sceso in piazza prima della fuga di Ceausescu. Rispecchia un vero dibattito in corso in Romania?
Il mio film parla della marginalità e delle apparenze. Mi attraeva questa idea di vedere cosa succedeva nella periferia del paese. Per questo ho deciso di girare il film nella mia città natale. Quello che si vede nel film è la realtà dove sono cresciuto: Vaslui. Ci sono persone che hanno provato a partecipare, ad entrare nella Storia, come uno dei protagonisti che sostiene di aver fatto la rivoluzione. La gente che telefona alla trasmissione invece sostiene che quest'uomo beve e un eroe non può bere. L'unico suo amico è uno straniero, un cinese che lo difende e che crede in lui. Durante il periodo di documentazione per la stesura della sceneggiatura c'è stato questo dibattito: abbiamo partecipato davvero a questa rivoluzione o no? Ognuno degli individui presenti nel mio film dà la propria versione della storia, basata sui propri ricordi. Le cose cambiano in fretta e sono diverse le teorie su quello che è accaduto veramente. Il mio è un film sulla memoria e su come questa cambi la storia, su come ciascuno ricordi lo stesso avvenimento da punti di vista differenti. La verità storica in realtà non esiste.

Come ha scelto gli attori?
Due dei protagonisti sono attori che conosco sin da quando - durante il periodo scolastico - avevo realizzato dei cortometraggi. Scrivendo la sceneggiatura ho pensato a loro, mentre il terzo di questo gruppo è un famoso interprete di teatro, anche se quasi tutto il cast lavora prevalentemente in palcoscenico. Il film è stato girato molto in fretta. Durante la notte riscrivevo le scene in modo che fossero più adeguate alla piega che stava prendendo la loro interpretazione. Per me era molto importante che ogni battuta fosse essenziale e necessaria.

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