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Giuseppe Capotondi • Regista

“Il thriller? Il genere più divertente, da fare e da vedere”

di 

- Un’opera prima che scommette sul genere e che ha convinto il pubblico veneziano con una sceneggiatura di ferro tra thriller, storia d’amore e horror paranormale che ammicca a Lynch

Opera insolita per il mercato cinematografico italiano (anche se un paio d’anni fa La ragazza del lago [+leggi anche:
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di Andrea Molaioli ha "sdoganato" le pellicole di genere ricevendo per di più una messe di premi), ma soprattutto film sorprendente se visto nel contesto del concorso veneziano, La doppia ora [+leggi anche:
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dell’esordiente Giuseppe Capotondi sarà in 250 sale con Medusa dal 9 ottobre dopo essere stato il titolo italiano più apprezzato in laguna. Prodotto dalla Indigo Film di Nicola Giuliano e Francesca Cima (che non a caso sono gli artefici dell’esperimento di successo di Andrea Molaioli), il film è interpretato da Filippo Timi e Ksenia Rappoport, che per questo ruolo si è aggiudicata la Coppa Volpi. Il primo nei panni del custode di una villa privata che frequenta quotidianamente gli speed-date, la seconda in quelli di una cameriera slovena che lo incontra, se ne innamora, e viene coinvolta in una rapina in cui lui perde la vita. Salvo poi "ritrovarlo" più tardi, forse come fantasma, forse come visione, forse come incubo… Nato da una sceneggiatura menzione speciale al premio Solinas, La doppia ora ha una storia "ad orologeria" in cui il thriller scivola a tratti nell’horror paranormale, nel giallo, nel noir psicologico.

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Cineuropa: Perché per esordire ha scelto di puntare su un film di genere?
Giuseppe Capotondi: D’accordo con gli sceneggiatori Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo abbiamo cercato il genere più adatto per raccontare quella che in realtà è la piccola storia di due persone che non riescono a cogliere la loro seconda occasione. Io considero il noir e il thriller come vero cinema, di serie A, e come un genere divertente sia da fare che da vedere.

In effetti sotto la confezione di genere c’è una intensa storia d’amore.
Sì, La doppia ora è un film anche sulla fiducia e sulla capacità di perdonare gli altri, ma soprattutto se stessi. Quello che ci siamo domandati mentre leggevamo la sceneggiatura è stato: ‘Siamo capaci nella vita di cambiare?’. Poi abbiamo inserito un tema caldo come l’amore nel clima gelido tipico delle situazioni thriller e noir.

Come ha vissuto questo esordio al cinema?
Non mi sento davvero un esordiente. Ho 41 anni e ho alle spalle tantissimi videoclip e spot pubblicitari, direi più di 150, che mi hanno insegnato il mestiere, cioè mettere insieme la troupe, stare sul set e portare a casa le immagini. La cosa che pensavo sarebbe stata più difficile in questo caso, essendo la mia prima esperienza per il grande schermo, era stare otto settimane sullo stesso set, invece si è creata un’atmosfera familiare, di grande complicità.

Nel film si potrebbero individuare numerose influenze cinefile.
Si è parlato anche di David Lynch e di scene alla Twin Peaks e questo mi fa onore, ma bisogna sciacquarsi la bocca prima di fare certi nomi. In realtà questi sono ragionamenti che si fanno dopo, per me La doppia ora era una storia d’amore vestita di giallo, con molti degli stilemi del genere: una sepolta viva, l’uso di monitor a circuito chiuso, la classica scena nella vasca da bagno. Ma non ci sono state vere e proprie citazioni consapevoli, a volte si può essere influenzati senza rendersene conto, ci sono fili che lavorano nel nostro cuore e nella nostra testa in maniera strana e che, al momento di mettere in scena, vengono fuori spontaneamente. Comunque ammetto debiti di riconoscenza nei confronti di John Cassavetes, Roman Polanski e il Dario Argento prima maniera, oltre che dei film di genere italiani anni Settanta.

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