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Emin Alper • Regista

“Suspense minimalista”

di 

- Incontro a Parigi con il regista turco in occasione dell'uscita francese del suo primo lungometraggio, l'apprezzato Beyond the Hill.

Incontro negli uffici parigini di Memento Films con un cineasta turco da tenere d'occhio e che cita tra i suoi riferimenti Kubrick, Fassbinder, Nuri Bilge Ceylan, Sergio Leone e Park Chan-wook.

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intervista: Emin Alper
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Emin Alper: L’idea iniziale è di 15 anni fa, ma la sceneggiatura originale era completamente diversa: era una semplice riunione di famiglia. Ho trascorso la mia infanzia in una città vicina al luogo dove abbiamo girato e mi ricordo di queste riunioni di famiglia, soprattutto di uomini che passano un po' di tempo insieme sulle montagne. Questa prima sceneggiatura non mi piaceva molto e l'ho messa da parte. Quindici anni dopo, l'ho ripresa e vi ho introdotto elementi nuovi, in particolare i nomadi e il nonno. Ho capito allora le potenzialità della trama e l'ho sviluppata nella direzione di un'allegoria. Sono passato da un dramma familiare a qualcosa di molto più misterioso.

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Il gioco sulla percezione della realtà.
Volevo una realtà alterata a più livelli. I nomadi ci sono davvero? La minaccia è vera? Il personaggio di Zafer va anche in questo senso: le sue allucinazioni sono reali o no? E' un personaggio traumatizzato. Non ho voluto spiegarlo nel film, ma per il pubblico turco, il legame con la guerra contro i curdi è evidente. Il film tratta la questione in maniera allegorica, ma è universale giacché la gente tende spesso a incolpare i propri nemici piuttosto che confrontarsi con se stessa...

Non temeva di far perdere lo spettatore moltiplicando indizi e false piste?
No, perché sin dall'inizio, sapevo che il film non avrebbe avuto un pubblico ampio. E' un film d'autore e non volevo rovinare la sua atmosfera spiegando tutto. Volevo che gli spettatori riflettessero e riempissero da soli i vuoti. Amo questo genere di film e provo a fare i film che amo.

Il miscuglio di generi.
Non era voluto in fase di sceneggiatura, ma tanti critici l'hanno apprezzato e sottolineato. Sarebbe al contempo un dramma familiare, una commedia noir, un western e un thriller. Ovviamente, avevo in mente lo stile western e ho cercato di utlizzare la sua iconografia, senza esagerare. La natura, che utilizzo soprattutto come fonte di bellezza, crea un'atmosfera claustrofobica e paranoica. Se dovessi definire il genere del film, direi che è di suspense minimalista.

Come ha finanziato il film?
L'abbiamo prodotto con il sostegno del ministero della Cultura. Le sequenze camera a spalla non sono state una scelta: non potevamo permetterci una steadycam durante le riprese. La maggior parte della inquadrature e dei movimenti di camera erano prestabiliti. Era importante essere precisi perché avevamo solo tre settimane di riprese e sapevo che non avremmo avuto una seconda chance. Ho anche provato con gli attori prima delle riprese, a Istanbul. Dopo le riprese, non avevamo più soldi per la post-produzione e siamo andati al "work in progress" del Festival di Salonicco, dove abbiamo incontrato il nostro coproduttore greco.

Qual è la situazione del giovane cinema d'autore turco?
Una nuova generazione è emersa dall'entrata in vigore nel 2004 di un fondo di sostegno pubblico. Quanto alla distribuzione in Turchia, a volte è difficile trovare delle sale, ma se non si esce nella stagione più densa, ci si riesce. Invece, nessuna rete televisiva turca compra questi film: è il regno delle serie TV turche che schiacciano anche i film americani. La sola speranza è la televisione pubblica TRT, che purtroppo negli ultimi tempi trasmette sempre meno film d'autore. Bisogna quindi trovare coproduzioni europee.

Qual è il suo prossimo progetto?
Sto scrivendo la seconda versione della sceneggiatura di un thriller politico che si svolgerà in una grande città, sempre a base di mistero e paranoia. Spero di girare a inizio 2014.

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