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Joachim Lafosse • Regista

"C'è una cosa molto semplice alla base di questo progetto: una separazione è sempre un fallimento"

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- CANNES 2016: Cineuropa ha incontrato Joachim Lafosse che torna per la terza volta sulla Croisette con Dopo l'amore, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs

Joachim Lafosse • Regista
(© Quinzaine des réalisateurs)

Il regista belga Joachim Lafosse si conferma una delle migliori scommesse del cinema europeo. Specializzato in film aspri e taglienti (l’ultimo, Les Chevaliers blancs [+leggi anche:
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, trattava il caso dell’Arca di Zoe), cambia parzialmente rotta con Dopo l'amore [+leggi anche:
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, un film intimista sulla fine di una coppia, presentato alla Quinzaine des Réalisateurs del 69° Festival di Cannes.

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Cineuropa: Quali sono le origini di questo progetto, piuttosto diverso dai suoi film precedenti?
Joachim Lafosse: Credo che sia il mio primo film non tragico, che ci sia una leggera tenerezza, anche se resta aspro. E’ il film di cui vado più fiero, quello che mi assomiglia di più. Ho co-scritto la sceneggiatura con Mazarine Pingeot, volevamo fare un film sulla coppia, con attori della nostra età. Vi ho visto l’opportunità di fare quello che sogno da anni, un film con una squadra ridotta, in un luogo unico, la voglia di mettere in scena al contempo una coppia di gemelli e una coppia che si separa, due traiettorie inverse... Anch’io sono gemello, e credo di essere arrivato a uno stadio della mia vita in cui abbraccio serenamente l’idea della coppia, dopo aver voluto la solitudine per anni, non essere dipendente. Ovviamente, raccontare la storia di una coppia che funziona super bene non sarebbe un buon film. E’ la fine di una coppia di innamorati, che per forza di cose deve imparare a restare una coppia di genitori, la fine di una passione che apre verso qualcosa di più calmo, di meno conflittuale.

Il film sembra chiedersi che cosa resta della coppia quando non c’è più l’amore. Forse solo la gestione pratica?
Marie e Boris sono buoni genitori, malgrado qualche disaccordo. Non hanno mai previsto la fine della coppia e non si sono mai chiesti che cosa ciascuno vi aveva investito. Si dice che buoni conti fanno buoni amici, ma trovo che i buoni conti facciano anche buone storie d’amore. Non si tratta solo di considerare che cosa ciascuno ha apportato finanziariamente, ma anche ciò che ciascuno ha investito personalmente. E lì c’è un malinteso fra loro. Il denaro qui è il sintomo, non la causa del probema, volevo approfondire questa idea. Boris riporta il loro conflitto a una certa idea della lotta di classe (è un’idea portata da Cédric Kahn). Si è sempre poveri per qualcuno, ma non è sicuramente questo a impedir loro di vivere insieme. Spero che il piacere di vedere questo film sia che ognuno si faccia la sua idea, e che la discussione cominci alla fine. Il film parla anche di una realtà sociale piuttosto nuova. I nostri nonni non si separavano per ragioni morali, perché non si faceva, mentre oggi la gente fatica a separarsi per questioni finanziarie. Continuano a vivere insieme, malgrado tutto, per motivi economici.

Gli attori sono strepitosi…
Bisognava arrivare a questo livello di recitazione con questo dispositivo e questo soggetto! Il casting è qualcosa di molto complicato per me, mi è capitato di dire all’ultimo momento che c’è un problema, che l’accoppiata attore/personnaggio non è giusta. E’ successo con questo film. Abbiamo pensato a Cédric Kahn un po’ all’ultimo minuto con la mia produttrice. Quando mi ha parlato della sceneggiatura, l’ho trovato così giusto… Bérénice Bejo, dal canto suo, è una complice, una partner di set molto fedele, molto studiosa. Su un progetto per il quale si trascorrono sei settimane in un appartamento, una come Bérénice fa davvero la differenza.

Ho sempre sognato di vivere il mio Chi ha paura di Virginia Woolf?, di fare un film con il mio Richard Burton e la mia Elisabeth Taylor. Ci siamo ritrovati per sei settimane a divertirci nel ricreare scene domestiche, a giocare letteralmente con i bambini. Il tutto in una configurazione dove la tecnica, molto discreta, lasciasse spazio al gioco. E ho utilizzato per la prima volta uno strumento incredibile su consiglio del mio capo operatore Jean-François Hensgens, lo Stabe-One, un stabilizzatore molto più leggero di una steadicam. Dà una fluidità che non avevo nei film precedenti.

Senza crisi genitoriale sarebbe impossibile per Marie e Boris uscire dalla crisi di coppia?
La crisi che vivono influenza il loro essere genitori. C’è una cosa molto semplice alla base di questo progetto: una separazione è sempre un fallimento. Nessuno forma una coppia con l’intenzione di separarsi. All’improvviso, questo incidente li riporta al loro status di genitori, uno status che avranno sempre, che si separino o no. Lo avevo già fatto in Nue Propriété [+leggi anche:
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, è un richiamo all’ordine, significa che puoi rompere con un congiunto, ma non con l’essere genitore. Questa presa di coscienza permette loro di uscire dal conflitto. 

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(Tradotto dal francese)

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