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Isa Campo, Isaki Lacuesta • Registi

“E’ da una vita che lavoriamo insieme”

di 

- Isa Campo e Isaki Lacuesta si misurano con il thriller psicologico nella loro nuova avventura cinematografica: La próxima piel, coproduzione ispano-svizzera con protagonisti Emma Suárez, Álex Monner e Bruno Todeschini

Isa Campo, Isaki Lacuesta  • Registi
Isa Campo and Isaki Lacuesta (© Málaga Film Festival)

La próxima piel (La propera pell) [+leggi anche:
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segna una nuova svolta nella carriera di Isa Campo e Isaki Lacuesta, amici dai tempi in cui erano studenti di cinema, collaboratori di lunga data e la cui ultima avventura insieme è stata Murieron por encima de sus posibilidades [+leggi anche:
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. Il loro nuovo film è stato presentato al 19° Festival del Cinema Spagnolo di Malaga.

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Cineuropa: Avendo messo tutta la rabbia e la denuncia nel vostro film precedente, avevate deciso con questo di cambiare tono?
Isaki Lacuesta: E’ il film che abbiamo potuto farequando non avevamo altro da girare: abbiamo filmato nei fine settimana, incontrandoci con gli amici. Eravamo come dei colleghi che si riuniscono per fare un castello di stuzzicadenti, e alla fine è diventato così grande che la gente non lo vedeva in quel modo, ma come una casa molto fragile e inconsistente. Eravamo tutti disoccupati, abbiamo creato una sorta di cooperativa, investendo tutto il denaro che avremmo potuto ottenere.

La próxima piel comincia con una sequanza disordinata che gioca con la logica temporale e poi abbandona questo procedimento. Perché?
I.L.: Mischiare presente e passato ci permetteva di entrare nella mentalità dei personaggi, così lo spettatore doveva attivare il cervello in altro modo: questa fusione dei tempi doveva essere esplicita fin dall’inizio. Questa sequenza è venuta fuori girando, non stava in sceneggiatura. Ci è venuta in mente durante le riprese e abbiamo continuato a girare con questa idea.

La presenza di animali e della caccia, cosa peraltro abituale nel contesto rurale in cui si svolge l’azione, richiama l’attenzione dello spettatore.
Isa Campo: Per noi era importante che fosse un paese piccolo dove tutti si conoscono e dove non c’è modo di farsi una doppia vita, come succede in città. Lo spettatore urbano può rimanere sorpreso dalla caccia e dai buoi, ma lì, nei Pirenei, è normale. E’ un film che avremmo potuto girare nel paese di Isaki: Banyoles, anche se è un po’ più grande...

Isaki, lei è quindi compaesano di Albert Serra?
I.L.:
Sì, oltretutto abbiamo fatto l’asilo insieme. Il mio è un paese dove c’è il lago e il negro di Banyoles, ci sono molte leggende su questo posto, questo mondo semi rurale che vuole essere urbano, con così tanti punk e molta gente di teatro. Un luogo particolare.

Tematicamente il vostro film richiama in parte Changeling di Clint Eastwood, con protagonista Angelina Jolie.
I.C.: Sì, abbiamo visto tutti i film del genere tranne quello, ma penso che sì, richiama quella necessità di una madre di ritrovare suo figlio sopra ogni cosa.
I.L.: C’è tutta una tradizione letteraria e cinematografica sugli impostori: anche un documentario, intitolato El impostor [+leggi anche:
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, che abbiamo tenuto in considerazione come modello negativo: Frédéric Bourdin, il protagonista reale, fu preso l’ultima volta a Girona, la nostra provincia. Questa notizia fu una delle fonti d’ispirazione del nostro film, ma quel documentario era pieno di incongruenze, anche se la storia era affascinante.

Come vi siete divisi i compiti nel processo creativo del film?
I.C.: E’ così tanto tempo che lavoriamo insieme che quasi non ci dobbiamo dire le cose: è sempre stato così e ci va bene. Di fatto, avevamo una storia scritta che ci portavamo dietro dal 2002: c’è un produttore, ma non è mai contento della sceneggiatura. E’ un film molto caro e grosso, vediamo se abbiamo tempo per lavorarci, ma è difficile deciderne il tono. Si può raccontare da tanti punti di vista, bisogna trovare quello più adatto.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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