email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Borys Lankosz • Regista

Quando l'ordinario incontra lo straordinario

di 

- Incontro con la nuova stella del cinema polacco, un regista proveniente dal documentario e che ha deciso di giocare con le convenzioni della finzione cinematografica

In principio documentarista, nel 2002 Borys Lankosz ha conquistato con Evolution il Golden Gate Award al festival di San Francisco e il Silver Dragon del festival di Cracovia. Quest'anno ha vinto con Radegast il Silver Fenix del festival Jewish Motifs. The Reverse [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Agata Buzek - attrice
intervista: Borys Lankosz
scheda film
]
, suo primo lungometraggio di finzione cinematografica, è sulla buona strada per il successo.

Cineuropa: The Reverse è un titolo che può essere interpretato in diversi modi. Che senso ha per lei?
Borys Lankosz: Preferisco non spiegarlo e lasciarlo indovinare allo spettatore. Il distributore ha scelto come slogan pubblicitario la frase: "Tutto possiede una seconda faccia". In effetti, presento un'altra visione dell'epoca staliniana, mostro la realtà dal punto di vista femminile. Amo i film sulle donne e trovo che ce ne siano troppo pochi. Ho voluto quindi offrire una prospettiva diversa. Ma il film è innanzitutto il racconto di una vittoria spirituale, una storia di donne che devono lottare contro il male che alberga nelle loro vite e che si ritrovano sotto pressione. E' dunque una sorta di osservazione delle persone normali in una situazione straordinaria.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Il titolo sembra anche suggerire il rovesciamento dei modelli riconosciuti della creazione, dei generi, e il suo bisogno di far esplodere la forma.
Effettivamente, volevo che questo film offrisse allo spettatore la possibilità di giocare direttamente con il cinema nel cinema. Non ci sono citazioni dirette ed evidenti punti di riferimento nel film, ma questo elemento del gioco con le convenzioni cinematografiche è molto importante. Adoro il cinema che va un po' controcorrente. Adoro tutti i film di Polanski, così come quelli di Kubrick, Buñuel, Bergman...

Sebbene la realtà degli anni '50 sia perfettamente ricreata grazie alle scenografie, il trucco e i costumi, il film non ha niente di documentario, e in alcuni tratti propende persino per l'astrazione. E i personaggi non sono che "eroi" tra virgolette.
Questa tendenza verso l'astrazione è un mio partito preso, totalmente voluto. Non amo il cinema sulla realtà sociale, impegnato. I costumi, le scenografie, tutto ciò mi dà un sentimento di libertà e mi libera dall'attualità.

Questa libertà, la si avverte: lei gioca molto facilmente con gli stili. Ma si nota anche un lavoro infinitamente disciplinato.
Sì, il film passa attraverso diversi generi: il dramma borghese, il burlesque, la commedia noir... E' stato un gran piacere farlo, tutto è stato codificato nella superba sceneggiatura di Andrzej Bart. Bisognava giusto che facessi molta attenzione a non distruggere questo effetto... D’altra parte, questo è vero, ho trattato la storia in modo serio: ho fatto ricerche, ho letto molto sulla vita in epoca staliniana, ho guardato film, le cronache cinematografiche…

Questi elementi messi insieme diventano un vero rompicapo per lo spettatore. Deve avere molta fiducia nel suo pubblico...
Giudico il pubblico più intelligente di quello che sembra. Per me, la questione della responsabilità verso lo spettatore è fondamentale. Mi sento prima di tutto spettatore e tengo molto alla soddisfazione di colui che mi dedica due ore del suo tempo in una sala cinematografica. Faccio tutto il possibile per avere buone storie e mostrarle bene.

Finora ha diretto documentari in diversi posti del mondo. Questa esperienza si è rivelata utile per il suo primo film di finzione?
Certo. Sono maturato grazie al mio lavoro di documentarista. Ho viaggiato molto, incontrato persone. E' fondamentale.

Si parla di lei come il leader della nuova Scuola Polacca di Cinema. Come si vede in questo ruolo?
Mi sento un po' in difficoltà dinanzi a queste affermazioni. Ma ho parlato recentemente con persone che hanno vissuto l'epoca in cui la vera Scuola Polacca di Cinema stava per formarsi: neanche coloro che allora si sentivano chiamare così si sentivano a proprio agio. Ora, la cosa più importante per me è preservare la mia stabilità e restare calmo dinanzi a questa grande attenzione che mi circonda.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy