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Bertrand Tavernier • Regista

“Un thriller d'amore nel XVI secolo”

di 

Circondato dai suoi giovani attori (Mélanie Thierry, Grégoire Leprince-Ringuet, Gaspard Ulliel e Raphaël Personnaz), dallo sceneggiatore Jean Cosmos, dal direttore della fotografia Bruno de Keyzer, dal compositore Philippe Sarde e dal produttore Eric Heumann, Bertrand Tavernier ha raccontato in conferenza stampa la genesi di La Princesse de Montpensier [+leggi anche:
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, presentato in concorso al Festival di Cannes.

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Come è nata la sua passione per questa storia d'amore, La Princesse de Montpensier?
Bertrand Tavernier: Il progetto mi è stato proposto dal produttore Eric Heumann, il quale mi ha affidato un primo trattamento. Ho quindi letto il racconto di Madame de La Fayette e vi ho scorto la possibilità di fare un film d'amore che mi toccava profondamente. Sono andato poi a cercare Jean Cosmos affinché ci lanciassimo insieme in quest'avventura, scrivere, esplorare questa epoca (che non conoscevamo) e i suoi personaggi.

La storia d'amore era l'unico aspetto che le interessava?
Ero attratto dalla complessità dei personaggi intorno, in particolare in conte di Chabannes interpretato da Lambert Wilson, e anche dalla possibilità di scoprire questa epoca e i suoi personaggi. Tutti i film che ho girato, li ho fatti per scoprire qualcosa. Ma la storia d'amore era l'asse del film.

La si potrebbe definire una rilettura femminista della Storia?
Sono rimasto molto colpito dal destino di questa donna, volevo difenderla, capirla. Il film doveva sposare il suo punto di vista senza imporlo. In questo senso, è senza dubbio un po' femminista. Scrivendo la sceneggiatura, abbiamo scoperto, un po' inorriditi, la maniera barbara in cui erano trattate le donne in quell'epoca e abbiamo voluto mostrarla.

Il soggetto del film è molto contemporaneo.
Non dovevo cambiare nulla, giusto cercare la verità dell'epoca. Si vede subito che la maggior parte delle emozioni del film non sono datate e sono molto contemporanee. Così come le guerre di religione e il modo in cui le donne sono ancora trattate in alcuni paesi del mondo. Come diceva William Faulkner: "Il passato non è morto, non è passato". L’intolleranza oggi in Francia è tanta quanto nel XVI secolo, in modo diverso.

E' stato difficile adattare un racconto, che oltretutto è conciso ed ellittico, piuttosto che un romanzo, come ha già fatto?
E' diverso, soprattutto perché questo racconto è praticamente senza dialoghi. Ma ciò che conta quando scrivi una sceneggiatura è trovare la verità interiore del racconto e una dinamica. Ho provato a conservare e a rispettare i sentimenti e gli eventi mostrando al contempo il mondo che circondava quegli eventi. Ma, ad esempio, quando Marie si ribella contro il suo matrimonio, era scritto: "I suoi genitori la tormentano". Nel nostro linguaggio odierno, si tratterebbe di tortura e dovevo mostrare questa violenza. Eravamo costretti a cercare le radici delle emozioni dei personaggi e a questo unico scopo abbiamo inventato alcune peripezie.

L’eleganza della regia si accompagna alla suspense, quasi fino al thriller. Come ha combinato i due aspetti?
Le suspense, speravo di raggiungerla dal momento in cui i sentimenti si sovrappongono, captando sullo schermo l'energia, il fermento dei personaggi che sono come elettrizzati. Ci voleva una luce da film noir, non imitare i quadri, la ricostruzione pittorica, ma trovare un'atmosfera. La tensione dei sentimenti ricorda quella dei film noir. Lo si potrebbe definire un thriller d'amore nel XVI secolo.

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