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Mohamed Zran • Regista

Arab Spring

di 

- "Bisogna che la cultura sia presente nella costituzione, che sia protetta"

Nato nel 1959, autore di sei film tra cui Vivre ici (2009), lavora alla post-produzione del film Digage, digage !.

Ha filmato la rivoluzione in Tunisia?

Si, è stato un evento inatteso e sono sceso camera in spalla per filmare questo momento rivoluzionario. Sto montando queste immagini per il film Digage, nel quale mi interesso a questa gente sconosciuta, a questi personaggi sospesi, che vivono nel Sud, là dove non ci sono investimenti, e che sono all'origine della rivolta … Ma avevo già filmato la disperazione degli emarginati, degli esclusi dai sistemi Bourguiba e Ben Ali, parlando del dramma dell'esodo rurale. In Essaida, che ho girato nel 1996, il giovane ribelle si chiama Nidal, che significa "il combattente". Mi sono sempre occupato di questo argomento, mentre gli altri giravano film sulla Tunisia ricca, sugli hammams o sulla periferia chic.

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Come si può filmare la rivoluzione? Che sguardo, che distanza, che scrittura si può utilizzare?

Come filmare la rivoluzione? Io sono avantaggiato grazie al lavoro che avevo fatto prima, provo a rendere questa gente sconosciuta conosciuta, di rendere loro dignità. Sono tornato sul luogo di origine della rivolta, a Sidi Bou Saïd, per ascoltarli, ascoltare la gioventù. Il popolo che un giorno decide di mobilitarsi, nessuno può fermarlo. Voglio rendere omaggio a quelle persone nel mio film, dare loro il rispetto che meritano.

Cosa si aspetta dalle nuove istituzioni in rapporto alla libertà di espressione, alla valorizzazione del suo lavoro e quali azioni sono considerate dai cineasti?

Bisogna essere vigili ora, dopo questo momento straordinario, bisogna incoraggiare il cambiamento e esprimersi con determinazione. Ma per un cineasta il processo elettorale costituente è molto interessante, perché noi stessi siamo nella resistenza. Si svilupperanno idee, tutto ciò ci renderà forti. Nei nostri film noi dobbiamo continuare a rompere i taboo, a confrontarci specialmente sui temi religiosi. Bisogna che la cultura sia presente nella Costituzione, che sia protetta. Mi aspetto più risorse dal Ministero della Cultura : la cultura, come l'educazione, è una banca, un investimento, che può permettere lo sviluppo dei paesi allo stesso titolo delle altre infrastrutture. Io faccio parte di un collettivo culturale che organizza degli stati generali per difendere queste idee, farle arrivare a destinazione.

Cosa si aspetta oggi dalle istituzioni e dai professionisti del cinema europeo?

Per presentare una domanda di aiuto o creare una co-produzione Nord-Sud bisogna stilare un numero incredibile di documenti, c'è troppa burocrazia. Questo sistema è pesante, troppo istituzionalizzato. Troppo centralizzato. I diversi donatori dei fondi dovrebbero creare uno spazio per il Maghreb per accompagnarci nei nostri progetti, le istituzioni dovrebbero rivolgersi direttamente a noi. Abbiamo bisogno allo stesso modo di formazione, di aiuti diretti alla produzione, di sale cinematografiche. I paesi del Mediterraneo non usufruiscono veramente degli aiuti europei.

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