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Margreth Olin • Regista

Nowhere Home: essere rifugiati in Norvegia

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- In Nowhere Home, la regista norvegese Margreth Olin propone un tema d’attualità e controverso: lo statuto dei rifugiati.

Nel suo documentario Nowhere Home (De andre) la regista norvegese Margreth Olin propone un tema d’attualità, molto controverso in Norvegia come negli altri paesi d’Europa: lo statuto dei rifugiati.

Come ha scelto i ragazzi che si vedono nel suo film?
Margreth Olin: Non ho cercato di distribuire ruoli. Hassan e suo fratello Husein dall’Afghanistan, così come Khalid, li ho incontrati a Salhus, un centro d’accoglienza per rifugiati che ospitava adolescenti da quindici a diciotto anni per prepararli al rimpatrio, una volta maggiorenni. La vita in questi centri è una vita immobile, dove non succede niente. E’ per questo che non sono favorevole al permesso di soggiorno provvisorio per i giovani. Non possono svilupparsi in modo normale in quelle condizioni, ai margini della società. Goli del Kurdistan, l’ho incontrato poco prima la sua espulsione dalla Norvegia, all’uscita dalla prigione di Ila (la stessa in cui Anders Breivik è attualmente detenuto) dove si trovava per lesioni.

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Ci sono molti bambini in questa situazione in Norvegia?
Dal 2009, sono 149 i bambini che hanno ottenuto questo permesso provvisorio. Alcuni di loro, quando vedono avvicinarsi la data fatidica dei diciotto anni, decidono di sparire. Conducono una vita sotterranea, in balia di ogni sorta di pericolo e tentazione. E’ un problema che avremmo tutto l’interesse a risolvere, perché si tratta non solo della protezione e della sicurezza di alcuni giovani, ma anche della nostra. 

Ha girato molto?
Moltissimo. Al montaggio ho dovuto fare delle scelte delicate. Ma per ciascuno dei bambini, ho cercato di mantenere un  equilibrio, di mostrare aspetti differenti, non per forza simpatici. Volevo che lo spettatore si identificasse con me, la narratrice, con i miei sentimenti, le mie emozioni. Ma allo stesso tempo non volevo obbligare gli spettatori a pensare come me.

C’è un sogno all’inizio del suo film.
Infatti. Mi chiedevo come rappresentare le violenze inflitte a dei giovani. La Seconda guerra mondiale è una cosa lontana per la maggior parte dei norvegesi. Non sanno che cosa vuol dire soffrire. E poi è avvenuta la tragedia del 22 2011 con il massacro che tutti conosciamo. Un vero trauma per tutto un popolo. E ho visto, alla televisione, gli occhi, gli sguardi dei sopravvissuti, gli stessi sguardi dei giovani rifugiati; con l’enorme differenza che un importante apparato di sostegno era stato messo subito in piedi per i giovani norvegesi. Tutti parlavano d’amore, di solidarietà… Poco tempo dopo ho fatto un sogno sconvolgente, in parte ispirato alla tragedia di Utøya. Nel mio sogno vedevo alcuni giovani nuotare disperatamente verso la riva, giovani cui veniva prestato soccorso, eccetto una ragazza che nessuno voleva salvare. Discriminazione. E questa differenza di trattamento tra i bambini norvegesi e i non norvegesi, ho faticato ad accettarla. Eppure la Norvegia ha ratificato, l’8 gennaio 1991, la Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia. Ho allora deciso che questa sequenza avrebbe aperto il mio film, ed è per questo che il mio film si chiama De andre (gli altri).

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