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Felix van Groeningen • Regista

“Dare la sensazione di un viaggio”

di 

- Cinergie ha incontrato Félix van Groeningen, che parla del suo melodramma Alabama Monroe - una storia d'amore (The Broken Circle Breakdown).

Cinergie: Che cosa l'ha colpita nella pièce teatrale al punto di voler portare Alabama Monroe - Una storia d'amore [+leggi anche:
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intervista: Felix van Groeningen
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(The Broken Circle Breakdown) sullo schermo?

Felix van Groeningen: Quando l'ho vista per la prima volta, l'ho trovata veramente geniale. Tutti gli elementi funzionavano alla perfezione e il tutto raggiungeva una grande elevatezza. Comincia in modo piuttosto buffo, come un concerto, con musicisti che suonano e poi si mettono a raccontare la loro storia. E si capisce che si tratta di una coppia e che hanno perso un bambino, e poi si va avanti, sempre più lontano. Come faranno quest'uomo e questa donna ad assimilare questo dolore e perché non si ritrovano? E' questo che mi ha colpito nella pièce. Ho cominciato a piangere dopo mezz'ora e non ho più smesso… E dura un'ora e mezza (ride)! Quando ho visto la pièce per la prima volta, l'ho trovata incredibile e ho pensato di adattarla. Poi l'ho rivista e mi sono detto: no, non la faccio. Sei mesi dopo, l'ho vista di nuovo, ho riletto il testo e a un certo punto mi sono detto che l'avrei fatta.

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Quali erano le sfide da affrontare dal punto di vista cinematografico?
La combinazione di questa storia d'amore molto dura con la musica, che è molto importante nel film. Mi sembrava molto difficile. Quando ho cominciato, non sapevo bene quello che avrei fatto. Volevo fare un "musical"? Qualcos'altro? Era questa la sfida, ciò che mi spaventava un po' all'inizio.

Quando filma l'amore, ritrae un universo pop e rock'n'roll, mentre la macchina da presa sembra più discreta, più sobria, quando affronta la malattia.
Gli altri miei film sono molto più crudi. Qui ho messo tanta energia nell'estetica. Volevo fare inquadrature molto belle, lente, con bei movimenti di camera, e non camera a spalla, in mezzo all'azione. Non avevo mai desiderato fare questo prima. C'è voluta molta energia anche per trovare un luogo estetico. L'ospedale non è bello, ma ci sono molti colori, molti vetri e luci.

Il montaggio stravolge la cronologia e dà al film una sorta di leggerezza che contrasta molto con il suo soggetto.
L’idea era di dare la sensazione di un viaggio, di un trip, di non sapere dove si è, ma di restare vicini alle emozioni. Al montaggio, abbiamo smesso di seguire la sceneggiatura, ci siamo resi conto che non era il modo giusto per montare il film. Nella sceneggiatura, erano raccontati tre periodi, e si saltava dall'uno all'altro. Funzionava sulla carta, ma ancor di più al montaggio. Abbiamo ricominciato da capo. Molto velocemente, eravamo più vicini al problema, a questo bambino malato. Era importante comprendere che la gioia, l'amore, questa coppia molto rock’n’roll, il loro incontro, che tutto questo non sarebbe stato più così felice.

Steve + Sky era una storia piuttosto dura, Dagen zonder lief [+leggi anche:
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, piuttosto triste, e La Mertitude des choses [+leggi anche:
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ritraeva gente che d'istinto nessuno avrebbe amato… Ogni volta filma tutto ciò in modo molto tenero, come se il cinema servisse a rendere le cose più sopportabili…

Sì, è così. Forse è un modo per digerire le cose che ho vissuto e alle quali non riesco a dare una collocazione. E poi, facendolo, scrivendo la sceneggiatura, posso lasciarmi andare a queste emozioni, ma senza alcun pericolo… Perché non è altro che una storia.

fonte: Cinergie

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