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Clio Barnard • Regista

"Le conseguenze dell’adozione dell’avidità come ideologia politica"

di 

- Incontro con il cineasta britannico, tre mesi dopo il successo della prima cannense del suo Selfish e sulla scia della sua nomination come finalista del Premio LUX 2013.

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come soggetto per il film The Selfish Giant? Oscar Wilde l’ha influenza negli anni della sua formazione?

Clio Barnard: Mentre giravo The Arbor ho incontrato un bambino chiamato Matty che vive a The Arbor, una strada di Bradford. Il film si basa su di lui e la relazione col suo migliore amico. Ho letto Il gigante egoista ai miei bambini quando erano piccoli, e ho sempre voluto farne una versione contemporanea e realista. La storia parla del pericolo di escludere i bambini, di quello che si perde quando si urla loro, quando il loro valore non viene riconosciuto. Matty e il suo amico erano bambini ai margini di una comunità già marginalizzata, e sapevo chi sarebbero stati i bambini, ma non riuscivo ad individuare il gigante. Matty e il suo amico raccoglievano rottami di metallo con un cavallo e un carretto come molti ragazzi di Bradford, e mi è venuta l’idea che il gigante egoista potesse essere un rigattiere.

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Il successo di The Arbor l’ha aiutata a mettere insieme i finanziamenti per The Selfish Giant? Ci racconta il processo che ha affrontato col produttore Tracy O’Riordan?
La risposta breve è sì. Dopo The Arbor Lizzie Franke del BFI, (coinvolta nello sviluppo di The Arbor) mi ha chiesto cos’avrei fatto dopo. All’epoca The Selfish Giant era solo un’idea, e mi ha detto di essere interessata a svilupparlo. Ho parlato con Katherine Butler e Tessa Ross di Film4, che volevano supportare il mio nuovo film. Ho cominciato a fare dei workshop a Bradford con Matty e altri ragazzi per sviluppare l’idea. Il film ha avuto l’ok quando la bozza della sceneggiatura era a buon punto.

C’è un forte realismo sociale in The Selfish Giant. Su quale aspetto della società inglese si è concentrata? Il problema è la mancanza di opportunità o è la gente responsabile per la mancanza di opportunità?
Il film si basa sull’osservazione delle vite di adolescenti che crescono a Bradford in una comunità socio-economicamente marginale, e racconta le conseguenze dell’adozione dell’avidità come ideologia politica (il capitalismo). Kitten ha adottato questa ideologia e Arbor lo emula. Il film parla di come i valori reali si perdano quando l’avidità viene vista come virtù e non come vizio. La gente su cui il film si focalizza sono bambini, vittime dell’ideologia: bambini accusati, esclusi e criminalizzati.

Com’è stato il suo viaggio da visual artist a regista di lungometraggi? Essere una visual artist ha reso la transizione più semplice?
Ho sempre lavorato col cinema ma il contesto è cambiato. The Arbor è un’opera d’arte sulla rappresentazione, che critica il realismo sociale, il teatro documentario e il cinema documentario mentre The Selfish Giant è un film più convenzionale che si allinea alla lunga tradizione di realismo sociale in forma fiabesca. (Ladri di biciclette, Kes, The Apple, Il ragazzo con la bicicletta [+leggi anche:
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). La mia principale preoccupazione nella transizione era che, dato il mio background nelle arti visive, temevo di non avere esperienza per lavorare con gli attori, e ho quindi lavorato duro per fare le cose bene. Mi sono davvero divertita con gli attori, sia bambini che adulti, e ne ho fatto la mia priorità sul set.

Di cosa parla il suo prossimo film, e a che punto è ora?
Sono regista e scrittrice dell’adattamento cinematografico di un romanzo di Rose Tremain ambientato in Francia, e dirigerò l’adattamento della piece di Polly Stenham Tusk Tusk.

The Selfish Giant è il primo film inglese inserito dal Parlamento Europeo nella shortlist del Premio LUX – come si sente?
Entusiasta! Davvero felicissima! Sono incredibilmente contenta che la storia, anche se specifica di un particolare luogo, abbia una sua rilevanza in Europa – è meraviglioso.

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