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Lionel Baier • Regista

Dopo l’Est, l’Ovest

di 

- Torniamo sulle origini del progetto Longwave con il suo regista, che ci parla anche di cinema svizzero.

Lionel Baier • Regista

In Longwave [+leggi anche:
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, il regista svizzero Lionel Baier filma la Rivoluzione dei garofani attraverso gli occhi di tre giornalisti romanzi partiti per fare un reportage in Portogallo.

Cineuropa: Come si ritrova un regista svizzero a filmare dei giornalisti catapultati a Lisbona nel 1974?
Lionel Baier: Sono stato invitato nel 2009 dalla Radio svizzera romanza a fare un giro nell'Europa dell'Est in occasione dei vent'anni dalla caduta del muro di Berlino. Mi sono fermato in molte città. Ero accompagnato da due giornalisti e un tecnico. Ho trovato affascinante il rapporto che avevano fra di loro, ma anche le relazioni fra i giornalisti e il loro ascoltatori. La radio è un media molto personale, molto intimo. Mi sono allora chiesto come dei giornalisti svizzeri potessero parlare della storia dell'Europa del XX secolo a un popolo svizzero che non l'ha mai conosciuta giacché è sempre stato protetto. Ho scelto il Portogallo perché è un paese che conosco bene e c'è qualcosa di molto cinematografico nella Rivoluzione dei garofani e la ribellione totale di un paese in una notte cui si poteva assistere quasi in tempo reale.

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(Another Man) nel 2009 già filmava un giornalista. Da dove viene questa fascinazione?

I giornalisti sono i professionisti più a contatto con la popolazione: si ascolta la radio, si guardano gli smartphone, si leggono i giornali, si consulta internet... I giornalisti non sono lì per fare la storia, ma costruiscono la nostra memoria immediata. Quando un paese non ha più una stampa libera, è una catastrofe. Inoltre, il nostro rapporto con i giornalisti è sempre ambivalente. Amiamo criticarli, dire che scrivono male, che non dicono la verità, che sono tutti di destra o di sinistra… Ma è pazzesco quanto ci manca quando non abbiamo accesso all'informazione, quando non sappiamo, o sappiamo male, quello che succede da qualche parte. Sono anche stato attratto dal personaggio del giornalista polacco Ryszard Kapuscinski che non era stato in tutti i posti che aveva detto, ma che ha sicuramente parlato di tanti conflitti mondiali meglio di come avrebbe fatto se ci fosse stato. Un po' come Kafka che ha scritto uno dei libri più brillanti sull'America senza esserci mai stato. Non chiedo ai giornalisti di dire la verità, ma di avere un'opinione. E da questa opinione si crea la mia. Ecco perché amo il mondo del giornalismo.

Dopo Comme des voleurs (à l'Est) [+leggi anche:
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(Stealth) nel 2006, Longwave, il cui titolo originale è Les Grandes Ondes (à l'ouest), è il secondo capitolo di una tetralogia. Come si annuncia il seguito?

Ci sarà un film che si intitola Au sud, che uscirà l'anno prossimo o più tardi. Poi un altro, che si chiamerà Au nord. Il primo si svolgerà in Italia e il secondo in Gran Bretagna.

Lei dice che il cinema svizzero non esiste. Non è un po' pessimista?
No, è proprio questo il bello! Anche il cinema europeo non esiste, ma ci sono i cinema europei, e questa è la nostra grande forza rispetto alle altre cinematografie. Poter dire: questo non esiste, non arriverete a imbrigliarci. Quando si dice "i film americani" o "i film francesi", tutti sanno di cosa si parla. Quando si dice "i film svizzeri"...

Longwave è un film svizzero cui sarà difficile attaccare l'etichetta di "svizzeritudine".
Sì, innanzitutto perché è una coproduzione fra tre paesi. E non penso solo al pubblico svizzero, desidero che i miei film siano visti altrove. C'è qualcosa di profondamente svizzero nel modo in cui è fatto, ma è d'interesse universale. Si tratta di raccontare qualcosa di molto locale, di molto personale, come la Radio svizzera romanza, facendo in modo che parli a tutto il mondo.

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