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Thomas Cailley • Regista

"Quando si hanno personaggi forti, ci si può permettere di tutto"

di 

- Incontro con un giovane regista che ha fatto una gran bella impressione a Cannes con il suo primo lungometraggio, The Fighters - Addestramento di vita

Thomas Cailley  • Regista

Il giovane cineasta francese Thomas Cailley è stato la rivelazione della Quinzaine des réalisateurs del Festival di Cannes 2014 con il suo primo lungometraggio, The Fighters - Addestramento di vita [+leggi anche:
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intervista: Thomas Cailley
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(Les combattants), che si è aggiudicato il premio Fipresci delle sezioni parallele, il Label Europa Cinemas, il Premio SACD e l’Art Cinema Award. Incontro a Parigi prima che il suo film venga lanciato nelle sale il 20 agosto da Haut et Court.

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Cineuropa: Come è nata la sceneggiatura di The Fighters - Addestramento di vita?

Thomas Cailley: Venivo da un cortometraggio, un "buddy movie" con due personaggi, uno impegnato in una ricerca esistenziale piuttosto astratta e l’altro con delle problematiche molto concrete. Vi era un elemento di commedia che trovavo molto interessante da portare avanti. Tematicamente, The Fighters - Addestramento di vita deve molto alle trasmissioni TV di sopravvivenza che guardavo e che trovo affascinanti. E’ un po’ ridicolo e anche un po’ patetico vedere queste persone paracadutate in luoghi impossibili e che mangiano cose orribili, ma allo stesso tempo è sublime: c’è un coraggio non immediato, tra il celato tentativo di suicidio e la ricerca esistenziale, come se la sopravvivenza fosse un valore al di sopra della vita. Ho avuto voglia di esplorare questo terreno rompendo l’idea di solitudine, con un approccio personale e una storia d’amore.

E l’esercito sullo sfondo del film? E’ una cosa rara per il cinema francese…

La finzione rappresenta poco l’esercito, e invece è ben rappresentato nella società. E’ il secondo datore di lavoro in Francia, è ovunque, e beneficia di un elevato livello di fiducia nell’opinione pubblica. Oggi vediamo anche fiorire i Boot Camp, questi campi di sopravvivenza per giovani. Che cosa vi vanno a cercare? E’ questa la questione che mi interessava. Il ritratto dello stile di vita militare, ma anche la critica a questa istituzione, non erano importanti per il film. La questione era piuttosto: come può, questa cosa, diventare interessante? Che cosa spinge a varcare la soglia degli uffici di reclutamento? Il mio produttore mi ha mandato nell’esercito per una decina di giorni, a seguire il campo che vediamo nel film. Molti giovani vi arrivano con delle fantasie che non hanno niente a che vedere con la vita quotidiana dell’esercito, delle fantasie nutrite dalla fiction, dai videogiochi e anche dal vuoto che sentono nelle loro vite. 

Perché ha ambientato la sua storia in provincia?

Sono paesaggi che conosco. Il film non è psicologico e la scenografia permette di entrare nei personaggi, di avere qualcosa di più introspettivo. E cosa ancora più importante, il film è scritto un po’ come un viaggio in tre tappe: dapprima il mondo del personaggio di Arnaud, poi il mondo immaginario del personaggio di Madeleine (l'universo guerriero, l'esercito, ecc.) e infine un mondo che devono inventare per loro stessi giacché gli altri due si sono rivelati insoddisfacenti: la foresta e questa specie di parentesi un po’ utopica.

Intreccio sentimentale, ritratto generazionale, film d’avventura e persino una sequenza da film catastrofico… Perché questo miscuglio di generi?

Quando si hanno personaggi forti, ci si può permettere di tutto. Spero che il film funzioni sull’effetto sorpresa e che non si capisca mai dove i personaggi andranno a parare. A partire da lì, c’è una libertà pazzesca. C’è una base di commedia romantica con l’incontro di due personaggi agli antipodi che si attraggono, ma questo poi li porta sul terreno del film d’avventura: trovo meraviglioso poter abbracciare i codici del genere, poterli successivamente smontare e alla fine poter dire che sarà un film di fantascienza, ecc.

E la scena spettacolare dell’incendio?

Dal momento in cui uno dei personaggi crede alla fine del mondo, bisognava mostrarla. L'idea era di realizzare una scena da film catastrofico un po’ come una scena poetica. Uno dei principi del film è di andare sempre dalla realtà alla finzione, come accade a questo giovane uomo con questa ragazza che arriva come una cometa e che porta la finzione nella sua vita. In questa scena, l’elemento reale è l’arrivo di un evento catastrofico filmato con una sorta di realismo (inquadrature larghe, un terrore credibile) e poi ci si tuffa rapidamente nella finzione, nei punti di vista dei personaggi, con inquadrature piuttosto astratte e strette, fumo, aloni, ralenti, silhouette. Il "come farlo" è stato più complicato. All’inizio si pensava di fare tutto durante le riprese, ma la gestione del fumo è molto complessa. Quindi abbiamo riprodotto le ceneri sul set e il fumo in post-produzione.

Quali sono i suoi progetti?

Ho diverse sceneggiature nel cassetto. Ora attendo la risposta del pubblico al mio film, per poter poi fare un bilancio e capire se voglio insistere su questa strada o andare altrove. 

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