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Terry George • Regista

Il coraggio di agire

di 

- Attraverso una storia viscerale, l'irlandese Terry George si è interrogato con il suo secondo film sull'indifferenza del mondo intero di fronte al genocidio ruandese

Sceneggiatore feticcio di Jim Sheridan (Nel nome del padre, The Boxer), l'irlandese Terry George si è anche distinto come regista di Una scelta d'amore (1996). In Hotel Rwanda, presentato in concorso al Festival di Berlino, si interroga, attraverso la storia vera di Paul Rusesabagina, sull'indifferenza internazionale di fronte al genocidio in Rwanda.

Come ha scoperto questa storia?
Sono sempre stato interessato alle guerre e ai conflitti in Africa, ma sono argomenti che non interessavano Hollywood quando ci lavoravo. Poi, ho ricevuto la storia di Paul. Ho capito che oltre a racchiudere tutti gli elementi sui conflitti e sul razzismo, questo racconto aveva anche tutti gli ingredienti per diventare un bel film. Anche rinunciando al contesto del genocidio che avviene fuori dall'hotel, restavano ancora gli elementi del thriller e di una magnifica storia. Quando ho incontrato Paul e sua moglie Tatiana, ho sentito fino a che punto formavano una squadra. E' diventato il cuore del film, perché anche trattando un soggetto politico bisogna conservare una parte più di intrattenimento. E' importante per poter toccare le corde del pubblico con un soggetto così drammatico come è il genocidio.

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Quando ha iniziato a manifestarsi il suo interesse verso l'Africa?
Osservando l'evoluzione delle guerre laggiù e l'intervento dell'Occidente, mi è venuta voglia di scrivere una sceneggiatura sulla Liberia. Quando ho scoperto la storia di Paul, ho trovato un messaggio ancora più forte. Nel bel mezzo di una delle più grandi tragedie del 20mo secolo un uomo ha il coraggio di reagire mentre tutti gli altri preferiscono restare nell'ignoranza. E' il genere di storia che mi piace raccontare nella sua forma più pura. Potete portare lo spettatore nel cuore dei fatti non solo mostrando tutto l'orrore di questi fatti, ma anche rendendoli partecipi dell'esperienza dei suoi simili nel film. E' una situazione che non si può creare con un documentario o un reportage".

Quale è stata la più grande difficoltà di questo film?
Recuperare il denaro! E' la cosa più assurda di questo progetto: la sceneggiatura e le riprese sono state le tappe più facili. E' stato invece difficile trovare i finanziamenti e una distribuzione. Prima ho cercato finanziatori a Hollywood, senza alcun esito. Poi, con il mio partner Alex Ho, abbiamo deciso di percorrere la strada del cinema indipendente. Abbiamo trovato fondi in Sud Africa, Inghilterra e Italia. Nonostante questo, al secondo giorno di riprese eravamo ancora senza un soldo… Alex e io abbiamo finanziato la pre-produzione. Era particolarmente angosciante. Fortunatamente, l'intensità e l'importanza del soggetto ci hanno aiutati a riunire il cast e una troupe. Erano tutti motivatissimi e abbiamo passato dei momenti molto belli sul set a Johannesburg.

Avete però scelto attori americani...
Per molte ragioni. Bisogna essere realisti di fronte al box office e alle maggiori chance che il film può avere in sala. Fare un film per me significa comunicare al maggior numero di persone. Con attori del calibro di Don Cheadle e Sophie Okonedo, sentivo che l'integrità del progetto sarebbe rimasta intatta. Don scompariva dietro al personaggio di Paul. Lo stesso è accaduto per Sophie : si guardate prima Piccoli affari sporchi e poi Hotel Rwanda, è difficile riconoscerla. Era proprio quello che volevo. Quanto a Joaquin Phoenix, ha accettato il ruolo per amicizia, senza domandare un compenso. Lo stesso ha fatto Jean Reno. Ma c'è anche uno staordinario cast di attori africani, senza contare tutti i bambini del Rwanda.

Paul Rusesabagna era stato avvicinato anche da altri registi, come lo avete convinto a farvi raccontare la sua storia?
Per fargli capire i miei film gli ho mostrato Nel nome del padre, The Boxer e Una scelta d'amore. Paul è una persona molto intelligente. Sapeva bene che la sua storia avrebbe avuto un maggiore impatto nella forma di un film di finzione. E con Hotel Rwanda viene anche da riflettere sul Darfour e il Congo.

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