email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Cristina Comencini • Regista

Il confine tra amore e sopraffazione

di 

Figlia del grande regista Luigi, otto film all'attivo, sceneggiatrice e autrice di romanzi, Cristina Comencini è ora candidata all'Oscar per il miglior film straniero con La bestia nel cuore [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, prima regista italiana in gara dal lontano 1976, cioè da quando Lina Wertmuller, con Pasqualino Settebellezze, fu la prima donna a ottenere la nomination come regista e come sceneggiatrice.

Cineuropa: Una nomination sofferta, perché arrivata dopo le polemiche seguite all'esclusione di Private [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
, di Saverio Costanzo.

Cristina Comencini: Ce l'abbiamo fatta, contro ogni previsione ed è stata una sorpresa, perché abbiamo fatto una campagna promozionale con pochi mezzi. Ma il merito è soprattutto del film. Avevo visto l'entusiasmo della gente durante le proiezioni americane, ma proprio non ci credevo.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Il film è tratto da un suo romanzo. Come è nata la necessità di affrontare un tema così difficile come l'incesto?
Lessi un trafiletto di giornale, raccontava di due persone che dopo aver subìto una violenza da bambini avevano fatto la loro vita, erano diventati adulti. Mi colpì perché di solito si tende a credere che la violenza non permetta un futuro, una quotidianità. Non è così. Il tema si è poi allargato fino a ciò che mi sta a cuore: raccontare qualcosa della contraddizione tra natura e cultura. Quello che noi abbiamo dentro sono spinte comuni che conosciamo, può accadere di oltrepassare il limite. Il confine tra amore e sopraffazione è sottile. L'importante è non rimuovere la comprensione delle cose, che non significa assolvere, ma capire, non esserne preda. Non bisogna allontanare da noi tutto ciò che ci sembra un male eccessivo. Perché se guardi alle cose, non farai del male.

Molti film sono tratti da romanzi, con risultati alterni. Quali difficoltà ha trovato nell'adattamento di un testo che lei stessa aveva creato?
Cinema e letteratura parlano linguaggi diversi. Il bello del film è che condensa tante situazioni in un momento solo e visualizza gli eventi riportandoli tutti al tempo presente. Per la sceneggiatura mi sono fatta aiutare da Francesca Marciano e Giulia Calenda. Con loro ho cercato di rendere la profondità del libro pur lavorando all'interno di una struttura orizzontale come quella del film. Ho dovuto tagliare molte scene ma non ho rimpianti, anche grazie all'ottimo lavoro degli attori.

Per la prima volta in un suo film lei parla di cinema, un ambiente che conosce benissimo. In che modo ha influito il mondo del cinema sulla scrittura di film e romanzo?
Il cinema è stato a lungo trattato dalla letteratura come un fratello scemo, mentre era un pilastro della nostra cultura. Ci ha reso famosi nel mondo, ha fatto entrare l'Italia del dopoguerra nella modernità, avrebbe forse potuto cambiare le sorti del nostro declino. Nessuno lo ha capito, neanche chi lo faceva. Il cinema è entrato nell'immaginario di ognuno di noi. In questo romanzo il cinema ha voluto esserci, non si è fatto mettere fuori dalla porta. In realtà la mia generazione ha abbattuto gli steccati anacronistici tra cinema e letteratura, le differenze tra le due espressioni artistiche sono talmente chiare, che possono ora chiedersi reciproca ospitalità, dialogare.

Una sottile ironia attraversa la drammaticità del film...
Penso sia una tradizione di famiglia. La vita è un'alternanza di comico e tragico, l'ho imparato da mio padre. Anche raccontando una storia così drammatica trovo che non si possa fare a meno di spezzare la tensione con una risata o un commento ironico. Ho questa visione della vita tragicomica, e amo le contaminazioni di genere.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy