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Philippe Leclerc • Regista

"Siamo lontani da Yul Brynner!"

di 

- Animatore da molti anni (come in Le Roi et l'oiseau di Paul Grimault) e successivamente assistente di René Laloux, Philippe Leclerc ha fondato e diretto lo studio Praxinos dal 1992 al 2004

Dopo la realizzazione del suo primo lungometraggio, I figli della pioggia, nel 2003, si è lanciato nell’avventura di La Reine Soleil [+leggi anche:
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intervista: Philippe Leclerc
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Cineuropa: Perché ha accettato di realizzare La La Reine Soleil?
Philippe Leclerc : Avevo appena concluso I figli della pioggia a Seul quando Léon Zuratas mi ha chiesto se fossi disponibile. L’Egitto mi appassiona sin dall’infanzia, e mi sono interessato ancora di più, soprattutto da un punto di vista mistico, attraverso il gruppo musicale Magma, negli anni ‘70. Senza essere uno specialista, mi sono affascinato all’aspetto grafico e plastico dell’Egitto dopo i miei studi di Belle Arti.

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Ha modificato la sceneggiatura?
Non conoscevo il romanzo di Christian Jacq e ho cominciato a lavorare su un primo adattamento di Gilles Adrien che però era po’ troppo relegato al genere puramente d’avventura in un periodo molto specifico. Volevo metterci un po’ più di magia, di misticismo e religione. E per questo ci ho riversato questa materia misteriosa ed il film ha diverse prospettive di lettura per tutta la famiglia.

Quale personaggio l’ha ispirato maggiormente?
Akhenaton. Avrei voluto svilupparlo maggiormente, ma esistono vincoli commerciali per i quali un cartone animato deve essere considerato prima di tutto un prodotto per i ragazzi, e i bambini in particolare. Ciò nonostante, ho cercato di dispiegare questo personaggio nel suo lato un po’ folle, mistico, di vedere la sua androginia (è considerato come padre e insieme madre dell’Egitto, e soprannominato l’asessuato dai sacerdoti). Siamo ben lontani da Yul Brynner! Volevo trattare anche la relazione che una figlia poteva avere con un padre un po’ "fuori di testa", una bambina che si trova in mezzo a genitori separati, insomma, una situazione del tutto contemporanea.

Quali sono state le sue scelte sul piano visivo?
Non volevo trattare l’arte egiziana come si fa di solito. Ho provato a muovermi, da un punto di vista grafico, verso una interpretazione di questa arte che è per me estremamente moderna, molto "disegnata" con la purezza delle linee, la semplificazione della forma che mi fa pensare all’Art Deco. Volevo sfuggire a quel lato pompieristico, hollywoodiano, abbagliante.

Come si è svolta la realizzazione in Ungheria?
Trovo sia un peccato l’impossibilità di produrre bene in Francia. Le equipe locali non sono più impegnate al 100% sul film. L’esperienza in Ungheria è stata difficile. Bisognava trovare competenze reali, e inoltre i professionisti locali sono spesso obbligati, per vivere, a fare più attività contemporaneamente, ed è complicato da gestire. Produrre in Francia mi sembra possibile, ma il problema era l’uso del denaro. Anche i budget colossali di film d’animazione non bastano a causa della mancanza di organizzazione e dell’assenza di studios in Francia.

Cosa pensa del cinema d’animazione?
Non viene considerato un genere cinematografico, ma classificato a parte. Nessuno, ad esempio, paragona un film di Sautet a uno di Spielberg. Se nella live action non si fa, nell’animazione si paragona Kirikou alle Appuntamento a Belleville [+leggi anche:
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o a Shrek. Anche la morale è presente: non si può fare tutto, non si può mostrare tutto, come ad esempio il nudo. Mi avevano chiesto di restare legato a una certa realtà storica (mobili, tessuti...), e mi sono aperto al periodo, in Egitto, e la gente era vestita in maniera molto leggera. Il mio primo modello per Akhesa aveva un seno pronunciato, come quello di una ragazza di 12-13 anni, e dopo l’approvazione di questi modelli, la produzione mi ha chiesto di mascherarle il petto, rivedere i disegni, ricolorare, ricomporre… I ragazzi hanno una lettura immediata dell’immagine e non pensano sempre e per forza a male. È un pensiero degli adulti che si proiettano sul mondo dell’infanzia con i loro blocchi, visto che in televisione i prodotti d’animazione avanguardisti divertono molto i ragazzi. Non si tratta di essere grossolani e provocatori, ma penso che si possa trattare tutto con l’animazione, ivi compresi soggetti molto seri.

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