email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Pierre-Alain Meier • Produttore

Uno sguardo verso i grandi spazi

di 

- Produttore girovago che coltiva il cinema nel mondo intero, Pierre-Alain Meier torna in Svizzera con A Parting Shot, secondo lungometraggio della sua compatriota Jeanne Waltz

Nato nel Jura svizzero nel 1952, Pierre-Alain Meier studia regia (Thelma, 2002) e produzione all’INSAS di Bruxelles. Direttore della società Thelma Film (Zurigo) dal 1988 e di Prince Film (Ginevra) dal 2006, ha prodotto in Africa (Idrissa Ouédraogo, S. Pierre Yameogo, Djibril Diop Mambéty, Merzak Allouache), in America Latina (Fernando Solanas), in Asia (Rithy Panh), e in Europa (Sotiris Goritsas, Karim Dridi) oltre che in Svizzera (Markus Imhoof, Alain Tanner…).

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Lei è svizzero, vive in Svizzera, ma la metà dei 25 film da lei prodotti sono firmati da registi di altri continenti. Si sente stretto nel suo paese?
Pierre-Alain Meier: Sì e no. Tutto è iniziato dal mio incontro con Idrissa Ouédraogo e l'Africa, dove sono sbarcato a Ouagadougou una sera d’aprile del 1988, per una prima, improbabile produzione (Yaaba, 1989). L'Africa, quello mi ha trattenuto: ho dovuto produrre lì quattro film duranti gli anni successivi per capirla e trovare un modo per lasciarla. È seguita poi l’avventura cambogiana di Gens de la rizière con Rithy Panh, già col produttore Jacques Bidou — con il quale sto attualmente co-producendo Salt of this Sea di Annemarie Jacir in Palestina — poi Flammen im Paradies in India con Markus Imhoof. Lo scambio con un regista del sud e una troupe generalmente mista (nord e sud) mi hanno formato e fatto scoprire mondi che ignoravo fino ad allora. Del resto, per i registi del sud, fare un film è di solito un atto meno solitario che per un regista del nord. E, da produttore atipico quale sono, ho trovato il mio ruolo.

Come ha incontrato Jeanne Waltz, che vive e lavora in Portogallo?
Dopo un primo incontro, l’ho ritrovata tre anni dopo in un atelier che animavo assieme a dei produttori belgi (Patrick Quinet) e francesi (Alain Rozanes e Didier Haudepin), e dove erano stati selezionati dei progetti cinematografici, tra i quali quello di Jeanne Waltz. Come si può vedere, non sono andato a cercare una regista singolare per sfuggire alla "svizzerità" degli autori elvetici.

Cosa l’ha convinta della sceneggiatura di A Parting Shot?
La storia si svolge nel Jura, la mia regione d’origine, dove non avevo mai girato. Se si fosse trattato di un film da girare in Portogallo, nonostante tutta l’amicizia che provo nei confronti di Jeanne Waltz e tutto il suo talento, non mi sarei mai lanciato in questa avventura. Del resto, ho deciso di produrre questo film assieme al mio collega Didier Haudepin, dividendoci i rischi e il lavoro. Invecchio, e collaborare mi piace sempre di più. Ho adottato da poco tre bambini (in Etiopia e in India), e ho sempre meno tempo a disposizione.

In qualità di regista, è intervenuto sul lavoro di Jeanne Waltz o le ha lasciato la completa libertà?
Evito i progetti in cui potrei essere tentato di mischiare le mie frustrazioni di autore. Preferisco sfogare l’eccesso di altruismo accumulato in certe produzioni con lo sviluppo di progetti miei…

Il film è co-prodotto da Didier Haudepin (Bloody Mary Productions), che, come lei, svolge il doppio ruolo di produttore delegato ed esecutivo. Come vi siete divisi il lavoro?
È stato interessante e complicato, visto che Didier Haudepin è anche lui autore e regista. Alla fine, però, è stata un’esperienza che mi ha arricchito.

Qual era il budget del film?
1.7 milioni di euro.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy