email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

Bujar Alimani • Regista

"Un'Albania che cerca la sua strada verso l'Europa"

di 

- Intervista al regista albanese, vincitore con la sua opera prima Amnesty del Premio Cineuropa assegnato al Festival di Lecce 2011.

Un uomo e una donna si incontrano per caso fuori da un carcere. Lui ha la moglie detenuta, lei il marito, cui fanno visita una volta al mese per consumare un rapporto sessuale. Tra i due nasce una tenera storia d'amore, destinata a finire quando i rispettivi coniugi usciranno grazie a un'amnistia. Amnesty [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Bujar Alimani
scheda film
]
, primo lungometraggio del regista albanese Bujar Alimani, sottile esplorazione di una società in cambiamento, divisa tra moralità e passione, ha vinto il premio Cineuropa al 12mo festival di Lecce.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Cineuropa: Quale aspetto del suo Paese voleva raccontare con il suo film?
Bujar Alimani: I protagonisti della mia storia, Elsa e Spetim, sono persone come tante, come molte che ho conosciuto nel mio Paese natale. Persone che cercano emozioni vere in una vita di provincia piatta, che li soffoca: un inferno. Sono espressione di un'Albania che cambia, in bilico tra il vecchio e il nuovo, che cerca la sua identità e la sua strada verso l'Europa.

Da quale spunto ha preso vita la sceneggiatura, di cui è anche autore?
Da un articolo che lessi sulla stampa albanese, un paio di anni fa, in cui si annunciava che il governo nazionale avrebbe aderito alla direttiva dell'Unione europea che consentiva visite in carcere a scopo sessuale. Su questo ho costruito la storia di due persone che vengono dalla periferia a trovare i propri consorti ogni 5 del mese, senza passione, e che in una di queste occasioni si incontrano al bar davanti al penitenziario.

Il volto dei rispettivi coniugi non viene mai mostrato, si vedono solo di spalle.
Sì, perché ai due protagonisti non interessano, quindi neanche allo spettatore. I loro incontri in carcere sono meccanici, quasi delle violenze. L'incontro tra Elsa e Spetim, invece, è pulito, quasi platonico.

Il suo film è scarno di dialoghi. E il suo modo abituale di lavorare?
Anche nei miei tre cortometraggi si parla poco. Al contrario, nei film albanesi i dialoghi sono molto importanti. Ma io ho già tra le mani un mezzo molto forte: la cinepresa, le immagini. Sarà la mia formazione da pittore (ha studiato pittura all'Accademia delle Belle Arti di Tirana, ndr). Col direttore della fotografia abbiamo voluto che tutto il film avesse un color ocra, il colore del cognac.

Quali sono i suoi registi di riferimento?
Kiarostami, Loach, Leigh, Bergman, da cui ho imparato l'arte del silenzio, appunto.

Come ha scelto gli attori?
Luli Bitri (Elsa) l'ho vista in teatro; Karafil Shena (Spetim) l'ho conosciuto in Grecia, dove attualmente vivo; Todi Llupi (il suocero di Elsa) è un attore comico al suo primo ruolo drammatico. Ho rischiato perché nessuno di loro è una star in Albania. Ma proprio per questo è stato semplice dirigerli, si sono fidati di me.

E' difficile fare film in Albania?
La maggior parte dei registi esigono tanti soldi, quando invece si può fare un cinema semplice, con poco denaro, ma che veicoli messaggi forti. Come il cinema iraniano. Per il mio prossimo progetto, sono alla prima bozza, tra poco cercherò i finanziamenti. Ma potrei cominciare a lavorarci già con 30-40mila euro.

Amnesty quanto è costato, e qual è il piano di distribuzione?
Il film è costato 700mila euro, prodotto da Fantasia Ldt, Arizona Films e 90 Production, con il sostegno del Centro del cinema albanese, del Centro del cinema greco e di Eurimages. La distribuzione, per ora, è prevista in Francia il prossimo luglio, in Grecia e in Albania tra settembre e ottobre.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Leggi anche

Privacy Policy