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Ubisoft / Animazione ed intrattenimento interattivo

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- Frédéric Thonet ha spiegato cosa lega i videogiochi e l'animazione. Ubisoft sta sviluppando delle serie animate basate sui suoi giochi e sta cercando nuovi partenariati con gli studi di animazione. Questa strategia non è semplice: "I creatori non hanno una cultura cinematografica, dobbiamo aprire il nostro staff a questo tipo di cultura che non tutti condividono nel mondo dei videogames".

Frédéric Thonet è direttore di del dipartimento "CGI Operations" presso la Ubisoft Worldwide Studios.

Dove si colloca la Ubisoft nel mercato dei videogiochi?
L’azienda è cresciuta. Al momento abbiamo un fatturato di circa un miliardo e siamo grosso modo il terzo più grande editore indipendente (indipendente se escludiamo la produzione di console) con un mercato diviso in due parti: America e l’EMA, cioè Europa, Medio Oriente e Asia.
Abbiamo investito molto nelle nostre attività creative. Abbiamo i nostri studi, assumiamo talenti che producono giochi creativi. Abbiamo 21 studi di produzione divisi in 17 Paesi e 22 uffici di distribuzione. La maggior parte dei nostri giochi sono progettati per un mercato internazionale e il fatto di avere delle basi in così tanti Paesi ci dà una visione accurata dell’intera area di mercato. Testiamo accuratamente tutto ciò che produciamo e i riscontri ci danno varie indicazioni per ciascun mercato per permetterci di ridefinire i nostri giochi.
Per esempio, abbiamo una gamma di giochi per Nintendo DS, Imagine, che in Francia si chiama Léa Passion.

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Quanti giochi pubblicate all’anno?
Ogni anno escono dagli 8 ai 10 giochi. Nel 2009 sono usciti vari giochi rivolti a un pubblico di bambine: Imagine Animal Doctor (Léa vétérinaire), Imagine Fashion Designer (Léa dans la mode), ecc. È interessante notare che questi giochi non sono uguali in tutti i Paesi. Il target è in genere la fascia dai 7 ai 12 anni, in alcuni Paesi è più quella dai 7 ai 10 anni e in altri ancora i giochi attraggono più chi ha 10-12 anni. Abbiamo una visione piuttosto precisa del mercato.

Quali sono i vostri criteri di selezione per i giochi?
Facciamo molta ricerca di pre-selezione. Richiediamo un contesto interessante, elementi che soddisfino i criteri del target a cui puntiamo.
I videogiochi di categoria AAA (l’equivalente dei film campioni d’incassi) sono molto costosi da realizzare e il nostro obiettivo è venderli ovunque. Il target dei giochi AAA è soprattutto quello degli appassionati. Sviluppiamo anche giochi nella categoria Casual, per esempio per DS, che sono più facili da creare e sono in genere meno tecnologici.
Per produrre i giochi AAA dobbiamo investire molto in Ricerca e Sviluppo perché così si ha un vero vantaggio competitivo. Ogni grande gioco in uscita deve avere innovazione. Questo è d’obbligo, perché c’è il sistema di mercato, i giudizi critici su Internet e sulla stampa, e se non otteniamo delle buone critiche non raggiungiamo i nostri obiettivi.

Quanto costa un gioco di categoria AAA?
Circa 25-30 milioni di dollari. Più una somma equivalente per il marketing.

Avete preso in considerazione di investire simultaneamente nella realizzazione di un videogame e nella produzione di un film?
La realizzazione di nuovi titoli richiede un investimento molto importante, questo influenza la nostra strategia riguardo gli altri media. Al momento è difficile assumersi il rischio legato al creare un lungometraggio insieme a un videogioco, perché sarebbe un rischio finanziario enorme. Forse tra qualche anno.

Lavorate sotto licenze?
Sì, sviluppiamo giochi anche con i marchi conosciuti. Di recente abbiamo prodotto Naruto e Tartarughe Ninja.
Il problema con le licenze è che non c’è abbastanza tempo per creare giochi di alta qualità. Non possiamo prendere decisioni nei primi stadi del processo e la produzione di giochi di categoria AAA richiede come minimo 2 anni.
In alcuni casi si è proceduto in modo diverso, come nel caso del gioco basato sul film King Kong di Peter Jackson. A Peter Jackson era piaciuto molto il gioco Beyond Good and Evil, creato dalla Ubisoft. Così ha chiesto di lavorare con la squadra che lo aveva realizzato, per creare il gioco King Kong tratto dal suo film. Si trattava di un team Ubisoft con base a Montpellier.
Ora stiamo lavorando su Avatar in una vera collaborazione con James Cameron. Cameron ha sviluppato un universo molto particolare ed era frustrante per lui non poter usare tutto il materiale nel film, dato che il cinema è lineare e ha dei limiti di tempo. Ha così messo tutto l’universo di Avatar a disposizione dei team che lavoravano al videogame per farlo ulteriormente sviluppare e da lì creare i giochi.

Qual è il periodo migliore per far uscire un gioco?
Verso Natale. I grandi giochi che stiamo facendo uscire sono Assassins Creed 2, Splinter Cell – che è un famosissimo titolo della Ubisoft - Ghost Recon, Anno e altri nuovi titoli che presenteremo alla fine dell’anno.

Che collegamenti ci sono tra i team che creano i giochi e quelli che producono film?
I punti in comune sono quasi inesistenti. Stiamo pensando a come aumentare la nostra capacità di produzione di immagini in serie. Vorremmo trasformare i nostri team di produzione dando loro le competenze tecniche del cinema di animazione.

Qual è la vostra politica nell’acquisto di nuovi studios?
Quando ci stabiliamo in un Paese dove abbiamo fatto una nuova acquisizione, siamo ovviamente molto sensibili ai costi; questo non significa che ci spostiamo solo in Paesi dove i salari sono molto bassi. Ci siamo stabiliti in Canada dove si attua un sistema di tasse molto efficiente. Lo studio più recente che abbiamo comprato si trova in Svezia, paese famoso non certo per gli stipendi bassi…

Perché Ubisoft vuole estendere il suo marchio in altri media?
La qualità dei giochi sta aumentando rapidamente; ci stiamo concentrando sulla futura generazione di PC e console. In due o tre anni, la capacità di immagine su schermo aumenterà fino ad avvicinarsi alla qualità di un film. Crediamo sia estremamente importante portare la cultura del cinema nei nostri team di produzione. Nei giochi odierni manca del tutto una conoscenza e una cultura del cinema. Questa mancanza è dovuta al metodo di creazione dei giochi. L’idea centrale è l’invenzione del gioco, il contesto e l’universo sono elementi piacevoli ma non essenziali.
In un ambiente competitivo, il contesto e l’universo di un gioco devono diventare elementi centrali. Dunque è necessario formare i nostri team creativi alla cultura cinematografica. La nostra strategia porterà professionisti del cinema di animazione a trasmettere le loro conoscenze ai team che producono videogiochi.

Traduzione italiana: Annalisa Zanotto

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