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L’Industria Mondiale del Cinema di Animazione

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- Il Training for Trainers si è aperto giovedì 18 maggio con la presentazione di Tim Wescott, ricercatore presso Screen Digest e autore di "L'industria mondiale del cinema d'animazione", un rapporto sulle produzioni sino al 2009 di film, serie televisive, dvd e internet in diversi paesi chiave (Sati Uniti, Canada, Australia e i maggiori 5 paesi europei).

Tim Wescott lavora come Analista senior presso il dipartimento TV della Screen Digest, una compagnia di ricerca europea con sede a Londra, che opera nel campo dei mass media, del cinema, DVD, videogames e broadband.

Avete recentemente portato a termine una relazione sull’industria del cinema d’animazione nel mondo. Quali argomenti tratta?

La relazione focalizza l'attenzione sul valore di produzione del cinema d'animazione e sui ricavi da esso generati. Abbiamo volutamente deciso di non far riferimento ai videogames, che sono correlati al settore televisivo. Non abbiamo neanche preso in considerazione gli effetti speciali, la produzione di spot pubblicitari o di corti d’animazione.

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L’industria dell’animazione, in termini d’ affari, riguarda in realtà i budget di produzione. Per questo motivo la relazione si concentra sui costi del fare animazione per la TV, per il cinema ed i DVD. Abbiamo considerato il mercato in termini di valori di produzione.

Un altro modo di guardare al mercato è sicuramente attraverso gli incassi. Abbiamo osservato il botteghino, la vendita ed il noleggio dei DVD (di film d’animazione, serie animate, etc). E abbastanza difficile parlare della soddisfazione del consumatore di animazione televisiva perché dal punto di vista delle emittenti i ricavi tornano indietro dal consumatore come una sorta di pubblicità. È difficile calcolare il valore dei ricavi delle TV di animazione..

Quali paesi avete seguito?

I Paesi presi in considerazione nel rapporto rappresentano i cinque principali mercati europei: Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito. (Ad essi si affiancano) gli Stati Uniti, il Canada (uno dei principali produttori del settore) e l’Australia. Questi paesi rappresentano abbastanza bene il mercato globale nonostante il Giappone, probabilmente il più grande mercato al mondo, non sia indicato.

Può spiegarci il metodo seguito nella redazione del rapporto?

Il punto di partenza sono stati i dati annuali pubblicati in Francia dal CNC*: numero di ore, il costo di produzione, il crollo dei finanziamenti alle emittenti, lo stesso CNC, i sistemi di agevolazione fiscale ed i produttori. Si tratta di una risorsa preziosa per chiunque voglia trattare l’industria del cinema d’animazione. Il nostro obiettivo era quello di produrre dei dati che combaciassero con quelli francesi ed abbiamo condotto il nostro studio utilizzando fonti pubbliche quali riviste del settore, siti e relazioni delle compagnie, e 70 sondaggi.

Qual è l’evoluzione del settore in Francia?

Se guardiamo ai dati francesi, che risalgono ad alcuni anni fa, vediamo come funziona l’animazione in questo Paese. Non possiamo parlare di un progressivo incremento o riduzione delle produzioni in Francia, si va per cicli. Si arriva ad un picco, poi c’è un calo per un paio di anni e poi si riprende a salire. È quindi abbastanza arduo dire se l’animazione è in declino o in crescita. Il rapporto 2009 del CNC è appena stato pubblicato e, nonostante tutto il pessimismo sull’economia dello scorso anno e la crisi dei mass media, il numero di produzioni francesi è aumentato.

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Tuttavia, se si guarda all’anno 2006, uno dei migliori, e lo paragoniamo agli anni ‘90, c’è stata una maggiore produzione in termine di ore ma il suo valore in euro è in realtà diminuito.

Anche se non possiamo estrapolare una sorta di tendenza anno per anno possiamo vedere che in Francia, dove c’è abbondanza di risorse, i produttori hanno dovuto operare con meno denaro e questa è sicuramente una tendenza globale.

Qual è l’andamento mondiale in termini di ore?

Anche su questo punto il trend è abbastanza ciclico.

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Il Canada, uno dei principali produttori d’animazione in termini di ore, è stato il più importante nel 2008, seguito da Stati Uniti e Francia, senza dubbio il maggiore in Europa.

Alle spalle della Francia si collocava il Regno Unito, che in quell’anno ha visto un aumento della produzione. Un certo calo si è avvertito in Italia. Spagna, Germania e per certi versi l’Australia sono invece dei mercati dove non c’è questo andamento ciclico nella produzione, ma dove invece questa si attesta generalmente su livelli piuttosto bassi. Nonostante la Germania abbia un vasto mercato televisivo ed un’ economia forte, nel campo dell’animazione non spicca e si attesta sulle 50 ore annuali.

Nei paesi in esame c’è un volume piuttosto costante di circa 800/900 ore annuali di animazione televisiva. Si tratta di una quantità considerevole che viene trasmessa nelle TV in giro per il mondo.

Quali sono le tendenze mondiali in termini di valore?

In termini di valore abbiamo avuto dei produttori che ci hanno informati sui loro budget di produzione. In Francia, questo tipo d’informazione è resa pubblica. Gli Stati Uniti sono il paese che spende di più per produrre animazione e ci sono due ragioni del perché ciò avviene: una è che sul network Fox c’è molta produzione dedicata alla prima serata. Serie come I Simpson e I Griffin sono tutte produzioni ad alto budget; il secondo fattore è la partecipazione di Nickelodeon, di Cartoon Network e della Disney, che investe molto anche per produzioni originali, motivi che rendono gli Stati Uniti il più importante mercato per le serie animate.

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Dopo gli Stati Uniti troviamo Francia e Canada, che seguono da vicino per quanto riguarda gli investimenti fatti nel settore. Gli altri Paesi hanno effettivamente tagliato i costi ricorrendo all’utilizzo di nuove tecniche di realizzazione per ridurre gli investimenti sulle serie.

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Considerando i costi per ora, gli Stati Uniti sono vicini agli 800.000 € per un’ora di animazione, sommando le produzioni ad alto e quelle a basso budget; mentre molti Paesi europei stanno ben al di sotto di questo livello. In Spagna troviamo i costi più bassi per realizzazioni in CG** e 2D digitale. Tutte le case di produzione si sono sforzate a ridurre i costi. La Nelvana, la più importante compagnia canadese, ha ridotto i costi di produzione di circa un terzo negli ultimi 5 anni perché i produttori sono particolarmente sotto pressione, le emittenti hanno ridotto i budget e sono in difficoltà a far cassa dal mercato post vendita.

Quali sono i produttori più importanti?

La Nelvana, di proprietà della Corus Entertainment Inc., diventata la più importante a livello mondiale in termini di quantità prodotta, seguita dalle due grosse case statunitensi: la Walt Disney, che ha una ben affermata casa di produzione televisiva e la Nickelodeon Animation Studios, affermatasi più di recente e che ovviamente produce le serie per il network Nickelodeon negli USA. Ci sono altre quattro compagnie canadesi: la Cookie Jar, fondata sulle ceneri della vecchia Cinar e che produce sia in Canada sia negli USA, la Studio B Productions e la Decode entrambe di proprietà della compagnia DHX Media, e la Bardel che copre molta produzione con la 4Kids.

Fuori dalle top 20 troviamo 6 compagnie canadesi, 5 americane, 3 francesi, 3 spagnole, 2 italiane e 1 britannica.

Qual è il trend per il mercato televisivo?

Il primo è il declino della tradizionale animazione 2D, che combina disegni a mano e tecniche di cel animation, che viene rimpiazzata dalla 2D digitale, dalla Flash, dalla Cel action e da altre tecnologie. In Paesi come la Germania, dove fino al 2005 la maggior parte della produzione era in 2D,questa è quasi scomparsa rimpiazzata dalla 2D digitale e ancor più dalla CG. La CG è stata una grossa novità sul finire degli anni ‘90 e, a un decennio di distanz,a assistiamo ad un importante spostamento della produzione di animazione all’utilizzo di CG, come nel caso di Maya per la tv. In larga parte questi cambiamenti sono dovuti a logiche di risparmio della produzione.

La seconda tendenza è quella del declino dei finanziamenti da parte delle TV. Sino alla fine degli anni ’90 in Europa c’erano dei mercati in cui le emittenti finanziavano interamente almeno una produzione annuale, come nel caso di Wallace e Gromit, interamente finanziato dalla BBC. Ciò non accade più ed al massimo arrivano a investire un 30/40% del budget. I produttori si sono dovuti abituare ad agire anche da imprenditori, allestendo il bilancio praticamente da soli dato che non potevano più contare sulle emittenti come prima.

Il terzo trend è quello delle co-produzioni con l’Asia, dove assistiamo al lancio di molti nuovi canali per bambini. Per certi versi questa si è rivelata una delusione perché nonostante ci sia stato un incremento nel numero dei canali e delle serie trasmesse, il risultato è stato una diminuzione del ricavo per singolo episodio. Molti di questi nuovi canali possiedono budget di molto inferiori a quelli dei concorrenti dominanti. Allo stesso tempo questi canali, che in passato non dovevano far fronte a tanta concorrenza, hanno anche ridotto il numero di programmi per ragazzi eliminando serie o spostandole su canali digitali a più basso costo. Il loro pubblico si è frammentato e loro spendono e investono meno in programmi originali.

Alla fine l’emergere di canali digitali andrà a beneficio dei produttori perché porterà ad un incremento di spettatori e budget, ma nelle prime fasi è stata un’importante verifica superare l’esame della frammentazione dell’audience e dei costi di produzioni ridotti.

In termini di co-produzioni con l’Asia notiamo il declino della tradizionale animazione in 2D. Il modello di lavoro tradizionale per l’animazione prevedeva che tutte le attività di pre-produzione e di design fossero svolte in Europa e che l’effettiva realizzazione venisse invece fatta in Asia, solitamente in Giappone o in Corea del Sud. Su questo punto c’è stato un importante cambio nel riportare il lavoro in Europa e nel produrre low cost sia all’interno della casa di produzione sia con partner di altri Paesi. C’è stato quindi un cambio radicale nel mercato del subappalto in Asia.

Le major americane subappaltano ancora prodotti come I Simpsons e I Griffin per i quali praticamente tutta l’animazione è fatta da un partner d’oltreoceano. C’è un 20% del budget che viene dato al collaboratore asiatico. Adesso Giappone e Corea del Sud stanno affrontando la forte competizione di paesi come la Cina e l’India, i quali hanno investito in maniera ingente nello sviluppo della loro industria d’animazione, ed adesso competono anche loro per il subappalto delle produzioni.

Poiché questo lavoro è diventato molto competitivo ci sono stati tentativi da parte di studios asiatici di allacciare rapporti di co-produzione, in particolare sudcoreani e indiani. Questi vogliono emanciparsi dal ruolo di semplici collaboratori per arrivare a co-produrre in modo da avere un ritorno economico anche dalla partecipazione ai diritti. Un esempio è la DQ Entertainment che porta avanti molte co-produzioni con studios europei.

Un altro importante fattore nella crescita delle co-produzioni asiatiche è il supporto ufficiale dei governi. Il governo sudcoreano sta supportando moltissimo l’export del paese, sforzandosi per esempio sul mercato MIP per promuovere le produzioni nazionali. In Cina si è incoraggiato molto lo sviluppo di studios d’animazione, di nuove tecnologie e di competenze. I finanziamenti stanziati per il settore dell’animazione in Asia sono più che ingenti.

Come si stanno evolvendo le major americane e canadesi?

I tre grandi produttori con network ovunque sono Disney, Viacom e Cartoon Network. Iniziarono nel 1992 con il lancio di Cartoon Network, poi fu il turno di Disney Channel, che da canale premium passò ad essere un canale base. Entrambi competono con Nickelodeon che è il vero leader del mercato, con un target di spettatori che va dai 2 agli 11 anni. La competizione è molto forte; sia Cartoon Network sia Disney Channel stanno investendo molto in serie originali e in particolare Cartoon Network per distinguersi così dal leader Nickelodeon e dare modo agli operatori via cavo e satellitari di ospitare il proprio canale. Dalla metà degli anni ‘90 tutte e tre queste compagnie hanno lanciato canali internazionali e marchi secondari: la Disney ha Disney XT e Playhouse, Cartoon Network ha Boomerang, Nickelodeon ha Nick Jr., etc., in una competizione che non è solo per il mercato nazionale ma per quello globale. Sono compagnie fortemente strutturate, proprietari dei loro propri studi, sviluppano le loro serie all’interno dell’azienda stessa, si finanziano attraverso i loro network nazionali e internazionali e si propongono al mercato anche con i loro reparti home video.

Sono i concorrenti più forti e dominano il mercato internazionale delle TV via cavo, satellitari e le pay TV.

Quali sono le differenze di budget per i lungometraggi di animazione tra USA ed Europa?

I budget per i film americani sono di norma notevolmente più ricchi che in altri Paesi. Disney e DreamWorks solitamente investono 100-250 milioni di euro nella realizzazione di un loro film, laddove la media europea è di 5-10 milioni. È molto più ragionevole per i colleghi europei andare verso produzioni a basso costo perché per loro è molto difficile generare profitto, anche nei mercati forti, se il tuo budget supera i 5 milioni. Negli Stati Uniti i film dei grandi studios non solo vengono distribuiti in patria ma, avendo delle strutture di marketing e distribuzione molto potenti alle spalle, escono anche in tutti quei paesi in cui hanno contatti e collaborazioni.

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E per quanto riguarda le entrate dei film d’animazione?

Su questo punto la ragione per cui gli studios investono tanto nella realizzazione di lungometraggi animati non risiede solo nel fatto che se tutto va bene questi conseguono molto successo al botteghino, ma genereranno anche importanti entrate dalla vendita di DVD. Per un film hollywoodiano di successo più della metà delle entrate viene proprio dalla vendita dei DVD.

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Eccezion fatta per Francia e Regno Unito l’Europa non è un mercato ricco per i DVD d’animazione.

CortoonMedia07.gif Quali sono le conseguenze dell’evoluzione delle tecnologie digitali?

L’impatto del digitale sul pubblico provoca frammentazione. La disponibilità di canali digitali ventiquattro ore al giorno ha inoltre un impatto sul mercato dei DVD e dei bambini. Ci sono show disponibili a tutte le ore del giorno e i genitori spesso non ritengono necessario dover comprare dei DVD ai loro figli.

Anche il modello aziendale è in evoluzione?

Produttori e compagnie coinvolte nel settore dell’animazione hanno modo di scegliere tra due modelli,uno a contratto e uno basato sui diritti del prodotto. In quello a contratto, cioè dietro compenso diretto, la compagnia genera profitto svolgendo dei lavori “a prestazione”, siano essi svolti affiancando un altro produttore e ricevendo un compenso per l’effettivo lavoro svolto o per prestazione fatte per conto del proprietario dei diritti di immagine(IP***). Molti produttori lavorano ancora seguendo questo modello. Ci sono moltissimi studi asiatici che fanno degli ottimi affari lavorando “a progetto”. Lo svantaggio di questo modello sta nel fatto che, se il prodotto su cui lavorano ha molto successo, gli autori materiali non ne trarranno nessun beneficio economico. Molte case di produzione hanno cercato nel corso degli anni di costruire un modello che li comprendesse entrambi in modo da generare entrate anche da noleggi/vendite DVD, license, diritti di trasmissione etc. Studios di molti paesi sono passati dal modello “a progetto” a quello dei diritti. Il programma europeo MEDIA così come altri programmi nazionali (in Canada, in Francia) supportano I produttori, specie quelli indipendenti, su questa strada.

La proprietà intellettuale può essere un ottimo affare se il prodotto ottiene un grande successo, come nel caso di Noddy., Winnie The Pooh, etc. Questi prodotti vengono ancora trasmessi in TV o venduti su DVD nonostante siano stati creati molto tempo fa.

I profitti sono comunque altamente variabili ed è difficile prevedere un costante modello di crescita. Anche se hai un prodotto di successo e porti avanti delle buone champagne di marketing, non aspettarti una crescita continua, L’andamento sarà ciclico. La HIT Entertainment si è trovata in brutte acque quando una delle sue serie è stata cancellata negli USA affrontando ingenti perdite. L’imprevedibilità di questa industria ha rappresentato un problema, poiché ha frenato gli investitori dall’entrare nel settore dell’animazione. La TV digitale non ha mantenuto le attese riguardanti l’aumento delle vendite facendo dell’animazione un settore meno remunerativo. I margini di profitto sono calati, le emittenti investono meno, c’è meno spazio per gli insuccessi che in passato, e, anche se ci sono molti produttori di successo, in generale questo è diventato un settore molto più ostico negli ultimi anni.

Quali sono le tendenze future nel campo dell’animazione?

Da una parte, il settore dell’animazione è fortemente supportato dalle televisioni pubbliche; in Europa le TV pubbliche hanno ancora la stessa missione ovvero creare programmi per bambini. I bambini vogliono ancora essere intrattenuti e divertiti e le TV pubbliche sono molto impegnate non solo nel fornire programmi per quel target ma anche nel crearli. Nel Regno Unito la BBC ha comunicato che incrementerà gli investimenti nella programmazione per ragazzi di 50 milioni di euro nel giro di un paio d’anni. Per le TV private la programmazione per ragazzi e l’animazione in generale risulta più difficile in quanto non si riesce a generare entrate importanti da questa fascia di pubblico. Ciò è dovuto alle restrizione sulla pubblicità (vedi cibo e bevande) attuate su queste fasce orarie .

Ma alcune compagnie private tornano a puntare sull’animazione. È il caso del Belgio, dove una delle TV commerciali si è riaffacciata su questo mercato con il lancio di un nuovo canale per ragazzi. Ci sono poi compagnie, come la tedesca Super RTL, impegnate in questo business perché ci vedono un interessante mercato. Poi abbiamo gli operatori via cavo, le tre grandi rimangono fortemente impegnate nel settore. In Europa, stanno creando un numero limitato di serie ma stanno acquisendo film da produttori europei ed investendo per sviluppare nuovi palinsesti. Per certi versi il passaggio al digitale terrestre sta giungendo a compimento e potrebbero arrivare più investimenti proprio da questi nuovi canali che sono molte volte gestiti da emittenti pubblici visto che questi ultimi hanno successo nel crearsi un audience. Gulli ad esempio, un canale per ragazzi sul digitale terrestre francese, è adesso di gran lunga il più importante operatore nella galassia del multichannel. Questo fenomeno potrebbe succedere anche negli altri mercati.

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