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Qual è l’anello più forte della catena del valore culturale?

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- Un nuovo studio di Kurt Salmon sullo stato attuale del settore culturale soggetto alla digitalizzazione è stato presentato durante l’edizione di quest’anno del Forum d’Avignone. Lo studio è stato discusso con: C. Albanel (Orance), P. Dujardin (BOZAR), M. Arets (Crowd Expedition) e T. Cherkaoui (Qatar Museum Authority)

Qual è l’anello più forte della catena del valore culturale?

Durante il secondo giorno del Forum d’Avignon, venerdì 22 novembre, si è riflettuto sui cambiamenti delle catene del valore culturali dovuti dalla partecipazione attiva del pubblico, resa possibile da internet. Il dibattito si è aperto con un quadro della situazione attuale del settore culturale e degli sviluppi previsti.

Secondo Philippe Pestanes di Kurt Salmon, si prevede una crescita media del 5% per il settore culturale, spinta principalmente da tre fattori: l’aumento di terminali connessi, una più ampia parte di mercato per le nuove forme di monetizzazione e l’affermazione dei paesi emergenti come consumatori potenziali.

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Per quanto riguarda il cinema oggi, il settore mostra un tasso di crescita medio, in aumento grazie alle vendite VOD e EST, che dovrebbero contrastare la crisi dei supporti tradizionali. La digitalizzazione ha prima di tutto accorciato i cicli vitali dei prodotti culturali, ma anche frammentato il pubblico. Questi due fattori, combinati con l’emergenza di nuove piattaforme digitali, hanno portato enormi cambiamenti alla distribuzione, oltre a concentrare la maggior parte della produzione nelle mani di pochi giganti (attualmente 7 studios controllano il 70% delle quote di mercato dell’industria cinematografica).

Nuovi strumenti di produzione come il crowd-funding sono stati resi disponibili dalla digitalizzazione. Purtroppo, dato che in media le somme raccolte con questo metodo si aggirano intorno ai 3500€, chiaramente non abbastanza per finanziare un film, il crowd-funding è considerato uno strumento di produzione complementare, utile principalmente per ridurre le incertezze legate all’investimento. Il Crowd-funding è stato così utilizzato dalla Warner Bros per decidere se produrre o meno un film basato sulla serie televisiva Veronica Mars. Il progetto è riuscito a raccogliere 2,5 milioni di dollari in 24 ore su Kickstarter e la Warner Bros ha quindi deciso di produrre il film. Secondo Martinj Artes, fondatore olandese di Crowd Expedition, il denaro è solo una parte del valore che si ottiene attraverso il crowd-funding. “La cosa interessante è che c’è un legame maggiore tra il creatore e il suo pubblico e permette al primo di avere un’opinione sul proprio lavoro ancora prima che esso sia fatto”.

Secondo Kurt Salmon la catena del valore si è adattata piuttosto bene e senza grandi shock alla rivoluzione digitale. Purtroppo non si può dire la stessa cosa dei poteri pubblici, i cui quadri giuridici obsoleti generano distorsioni di concorrenza (IVA, regimi fiscali, diritti d’autore variano ancora enormemente da uno Stato membro dell’UE all’altro). Una buona soluzione potrebbe essere una convergenza Europea per far fronte al dominio americano, che ancora si accaparra il 60% delle entrate dei cinema europei. Secondo Christine Albanel, ex Ministro della cultura francese, il problema principale sta nel fatto che la maggior parte del consumo su internet sfugge all’attuale sistema normativo.

Paul Dujardin, direttore del BOZAR di Bruxelles, propone di riassociare ricerca e creazione artistica in modo da generare degli effetti di spillover in una realtà che si fa sempre più interdisciplinare e diversificata. Da un lato c’è la battaglia degli Stati membri per preservare la loro diversità culturale, dall’altro c’è una cultura europea che è costituita da queste diversità. “Iniziative come il Premio Lux del Parlamento europeo sono così importanti”, sottolinea Dujardin “proprio perché sono una vetrina su questa diversità culturale, nonché un modo per democratizzare le questioni politiche attraverso il cinema. Credo che in questo momento il cinema sia il miglior mezzo per parlare delle tematiche e delle sfide delle nostre società”. Dujardin aggiunge anche che “l’organizzazione orizzontale e trasversale del settore, insieme alla scienza e alla società civile (come era il caso negli anni 60) è diventata indispensabile per avere un peso maggiore sulle decisioni politiche. Penso che ci sia una gran volontà di costruire qualcosa del genere al livello europeo”.

Anche se le politiche culturali europee restano un modello per molti paesi tra cui il Qatar di Tarek Cherkaoui, ci sarebbe probabilmente da imparare da quest’ultimo che ha fatto della cultura il 3° pilastro della sua strategia di modernizzazione. 

 

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