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Stéphane Aubier e Vincent Patar • Registi

“Tutti i personaggi evolvono rispetto alla serie”

di 

- Cinergie ha incontrato i due registi belgi rivelazione della Selezione Ufficiale del Festival di Cannes 2009, con il loro primo lungometraggio Panique au village

È nello scenario dantesco di una vecchia fabbrica dove sono ammassati in ordine sparso elementi di scenografia, materiale vario e scatole di cartone in cui riposano centinaia di statuine, che abbiamo incontrato Stéphane Aubier e Vincent Patar. I due registi raccontano a Cinergie l'enorme lavoro dietro la creazione di questo film d'animazione di 75 minuti che li ha condotti sul tappeto rosso cannense, e il piacere intenso che ha procurato loro la proiezione sul grande schermo del dolce delirio surrealista dell'universo di Panique au Village [+leggi anche:
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intervista: Stéphane Aubier e Vincent…
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Cinergie: In origine, Panique au village era una serie di episodi brevi. Come vi è venuta l'idea di farne un lungometraggio?
Stéphane Aubier: Eravamo molto contenti della serie. Abbiamo deciso di tentare con il lungometraggio dopo averne parlato con Vincent Tavier, il produttore, e il nostro co-sceneggiatore Guillaume Malandrin.

Vincent Patar: Non avevamo una gran desiderio di mettere in cantiere una seconda serie, ma piuttosto di cambiare scrittura, di modificare il modo di raccontare le storie. All'inizio, non eravamo sicuri che un'animazione così selvaggia come quella di Panique au village potesse funzionare in un racconto lungo. Ma fin dall'inizio, abbiamo escluso di fare un film a episodi.

S.A.: Quando abbiamo creato lo story-board, fotografato tutte le immagini e aggiunto le voci per fare una prova, ci siamo rassicurati. Avevamo la storia, anche se poi è cambiata in continuazione.

Come avete scelto le voci dei personaggi?
S.A.: Fin dalla puntata pilota della serie, volevamo per il cow-boy una voce acuta, visto che sono io a farlo. Per il cavallo, al contrario, ci voleva una voce grave e burbera come quella che sa fare Vincent. Per Indien, abbiamo esitato. Si è poi deciso per una voce super nervosa, e abbiamo pensato al cantante dei PPZ 30, Bruce Ellison. Gli altri personaggi sono arrivati un po' per volta. Benoît Poelvoorde aveva già lavorato con noi. Avremmo potuto dargli qualsiasi personaggio. Gli è capitato il piccolo contadino, ed è sublime. Lo stesso per Bouli Lanners. Ha dato una vita straordinaria a tutti i personaggi secondari. Le nostre scoperte sono state il liegino David Ricci che fa l'asino - ha una voce molto grave veramente azzeccata - e Jeanne Balibar, un vero valore aggiunto.

E' stato un lavoro tecnicamente enorme, tutto fatto a mano. Da quante persone era composta la vostra squadra di lavoro?
V.P.: Vi erano più o meno 20 persone, e ci sono voluti 14 mesi di lavoro. Piuttosto poco per un film d'animazione. La tecnica di Panique au village è semplice. Nella serie, Cheval aveva tre atteggiamenti. Correva tutto il tempo. Qui non potevamo farlo correre per un'ora e mezza, abbiamo quindi sviluppato otto atteggiamenti diversi per dargli un trotto più lento. L'animazione è semplice. Lavoriamo con statuine di plastica, rigide, e l'obiettivo è farle vivere.

Quante statuine avete dovuto utilizzare?
V.P.: Per il film, abbiamo fabbricato in tutto 1500 statuine. Cheval è il personaggio che ne ha richieste di più perché aveva diversi atteggiamenti... forse 130 o 140 statuine. Per Cow-boy e Indien ce ne sono volute un centinaio ciascuno. Al contrario, Gendarme ha quattro o cinque atteggiamenti differenti, perché è rigido e non si muove... è un gendarme.

Nel vostro universo al maschile, vi è un nuovo personaggio che porta un tocco di romanticismo: Mme Longrée, l’amica di Cheval, rende il personaggio più umano.
S.A.: Ci è sembrato evidente che ve ne fosse bisogno, proprio per differenziarci dalla serie.

V.P.: E' un elemento che fa evolvere il carattere di Cheval. Non è soltanto la spalla di Cow-boy e Indien, c'è una vita vera in lui. E tutti i personaggi evolvono rispetto alla serie.

A quando un Panique au village numero due?
S.A. e V.P.: Per ora vediamo come va il primo

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