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Jan Hrebejk • Regista

Uno sguardo pieno di maturità

di 

- Il regista Jan Hrebejk e il suo sceneggiatore Petr Jarchovský parlano del loro nuovo film, Innocence, e del segreto (e i limiti) del loro successo

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Petr Jarchovský: Si ispira a diverse situazioni che nella realtà sono accadute in modo leggermente diverso e in altri ambienti, ad altre persone. La storia centrale, quella di una minore che accusa un adulto di abusi sessuali, è accaduta davvero. Abbiamo deciso di osservare l'impatto di questa situazione sull'entourage di lui. Ci siamo detti, ad esempio, che sarebbe stato interessante se il detective titolare di questa inchiesta grave e complicata fosse stato qualcuno che avesse problemi personali con l'imputato.

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I vostri film sono meglio distribuiti e più premiati della maggior parte dei film cechi…
Jan Hrebejk: I film prodotti in paesi i cui mercati non sono enormi hanno bisogno non solo di essere di ottima qualità ma anche di avere un contenuto abbastanza leggero per aver successo. Molto spesso, i titoli interessanti sono quelli originali e radicali, ma nella tradizione del cinema ceco, il successo va a film non radicali, a commedie poetiche, a favole… Il cinema ceco resta sotto-finanziato. I progetti più interessanti sono spesso documentari, che a farli costano di meno.

Siete entrati due volte nella pre-lista per l'Oscar del miglior film in lingua straniera e quattro vostre opere sono state distribuite negli Stati Uniti. Come vi vede il pubblico americano?
Hrebejk: Negli Stati Uniti, i nostri spettatori appartengono all'universo cosmopolita delle città universitarie o delle metropoli come New York o Chicago, ossia pubblici che cercano film indipendenti e a cui i sottotitoli non danno fastidio. Non siamo i soli autori cechi ad aver avuto successo oltreoceano, ovviamente: Jan Svěrák ha avuto un Oscar per Kolya e i rappresentanti della Nouvelle vague ceca, come Jiří Menzel, sono molto noti. Abbiamo giusto avuto la fortuna di trovare rapidamente un venditore americano.

Resta difficile, nonostante tutti i vostri successi, trovare finanziamenti per i vostri progetti?
Hrebejk: Non sono il regista più pagato della mia generazione. I miei compagni della FAMU che si sono orientati verso la pubblicità sono pagati meglio. E poi i nostri progetti non ricevono quasi mai aiuti. Si suppone che abbiano successo e che quindi non abbiano bisogno di sostegno, cosa che non è affatto vera. Alla fine, questo si traduce nel fatto che spesso giriamo in condizioni ben peggiori di quelle dei nostri colleghi.

Dite di amare i film di Woody Allen. Quali sono i vostri registi europei preferiti?
Hrebejk: I classici (François Truffaut, Federico Fellini, Luis Buñuel, Luchino Visconti, Ingmar Bergman, Andrzej Wajda...). In questo momento, adoro Pedro Almodóvar, Emir Kusturica, Nikita Mikhalkov... ma il mio preferito è Mike Leigh.

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, l'anno scorso a Berlino, ha cambiato il vostro approccio al mestiere?

Hrebejk: E' molto piacevole presentare un film alla Berlinale, ma anche veder allungarsi le file davanti ai cinema dove si paga il biglietto non è male. Tutti vogliono un pubblico. Ma la fattura non cambia. Quello che conta è il talento, la capacità di avere un proposito chiaro e la maturità dello sguardo.

State già lavorando a un altro progetto insieme. Di che si tratta?
Jarchovský: Il progetto non ha ancora un titolo, ma sul piano tematico si ricollega a Kawasaki's Rose e Innocence. E' un dramma psicologico che affronta il tema del peccato, del perdono, dell'accettazione delle proprie responsabilità. Se riesco a finire la sceneggiatura, e se piace a Jan, potrebbe essere la terza parte di una trilogia sulla colpa e il castigo.

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