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Gianni Amelio • Regista

Un viaggio nella memoria di Camus

di 

- Il primo uomo, Premio FIPRESCI al Festival di Toronto 2011 debutta venerdì 20 aprile nelle sale italiane in 70 copie con 01 Distribution

L'Algeria degli Anni 50, travolta dalla guerra d'indipendenza, come la Calabria affamata del dopoguerra. "La storia del Primo uomo [+leggi anche:
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è la mia storia", afferma Gianni Amelio, che torna nelle sale con la trasposizione cinematografica del romanzo postumo, incompiuto e autobiografico di Albert Camus, nel quale lo scrittore e filosofo francese ripercorre la sua infanzia nel paese natale e racconta il ritorno ad Algeri nel 1957 per ritrovare il ricordo del padre morto nella Prima guerra mondiale. "Ho il sospetto di essere stato scelto per girare questo film proprio per il mio passato. Con Camus condivido l'infanzia povera, non aver conosciuto mio padre se non in tarda età. Come lui, sono stato cresciuto solo da una mamma e una nonna molto energica, ho lavorato da bambino d’estate e sono stato aiutato a scuola dall’intervento di un insegnante". Riflette il regista: "Camus mi ha dato modo di raccontare fatti autobiografici che altrimenti non avrei avuto il coraggio di esprimere". Tanto da scrivere i dialoghi del film non basandosi su quelli del romanzo ma ritagliandoli dalle vere vicende della sua famiglia.

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Atteso a Cannes, scelto e poi inspiegabilmente rifiutato a Venezia, il film ha avuto la sua rivincita a Toronto con il premio della critica Fipresci. Ambizioso, poetico e commovente, Il primo uomo è forse il capolavoro del sensibile regista Gran Prix a Cannes con Il ladro di bambini e Leone d'oro a Venezia per Così ridevano. Un'opera che riesce a unire interiorità e grande attualità politica. "Credo che le riflessioni sull'oggi emergano chiare, ma devo confessare che quando faccio un film non mi metto a calcolare le dosi, un tanto di passato e un tanto di presente. Faccio film con la pancia dopo averci riflettuto molto sopra. Sono contro i film a tesi. Sono per i film che emozionino: quindi la Storia con "s" maiuscola deve passare attraverso la storia di un protagonista. E Il primo uomo siamo noi, siamo tutti noi".

I punti di contatto col presente sono anche quelli con il celebre La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo. "Quello era un film fatto a caldo, che il governo algerino ha voluto sùbito dopo la rivoluzione per celebrare giustamente la vittoria. È un film che nasce dalla cronaca e la sua forza sta nella tempestività con cui la cronaca è stato riprodotto sullo schermo. Io non ho fatto un film sulla guerra d’Algeria, ma su una guerra che può dividere le etnie, una questione centrale nei nostri tempi. Alcuni giornalisti algerini hanno scritto che forse è il primo film che storicizza in modo preciso le due posizioni diverse, quelle dell’Algeria francese e quelle dei militanti arabi". Posizioni mediate dal pensiero di Camus, che diceva "sì alla rivoluzione ma no al terrorismo".

Il difficile rapporto di Camus con la sinistra francese potrebbe creare altri problemi alla distribuzione del film in Francia, prevista per ottobre, in pieno cinquantenario dell'indipendenza. "Reazioni negative? Credo e spero che dopo 50 anni le ferite della rivoluzione algerina si siano rimarginate, anche se temo che possa essere considerato di parte".

Il primo uomo è stato scritto e girato sotto la stretta sorveglianza della figlia dello scrittore premio Nobel: "Catherine aveva stabilito con la produzione che avrebbe dato il suo assenso solo dopo aver visto il film. Temeva che la vita privata del padre potesse essere travisata. Fortunamente ha amato molto il film, scrivendomi una lettera straordinaria. Inoltre è rimasta folgorata dal protagonista, Jacques Gamblin,'L'ho accettato come mio padre dopo il primo fotogramma', mi ha detto".

Interpreti eccellenti attorniano Gamblin. Maya Sansa, Catherine Sola, Denis Podalydès, Ulla Baugué, Nicolas Giraud, Abdelkarim Benhabouccha, Hachemi Abdelmalek. E poi il piccolo e straordinario Nino Jouglet. "Sui provini non c'era intesa assoluta con i collaboratori francesi. Si erano presentati in migliaia, tutti accompagnati da genitori in ansia. Siamo arrivati per caso a Nino, un bambino di Tolosa di passaggio a Parigi. Gli parlavo ma non ne voleva proprio sapere di rispondermi. Quando ho provato a fotografarlo, guardava altrove. Allora ho capito di aver trovato Jacques".

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