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Teona Strugar Mitevska • Regista

“Girare un film è un esercizio matematico che ha come risultato una verità profonda”

di 

- La regista macedone Teona Strugar Mitevska parla del suo ultimo film, When the Day Had No Name, attualmente fuori concorso a Sofia

Teona Strugar Mitevska  • Regista
(© Joze Suhadolnik)

La cineasta macedone Teona Strugar Mitevska ha parlato a Cineuropa della sua quarta opera, When the Day Had No Name [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Teona Strugar Mitevska
scheda film
]
, proiettata alla Berlinale in anteprima mondiale e attualmente in programma fuori concorso al Festival internazionale di Sofia.

Cineuropa: Il film si ispira a un episodio realmente avvenuto, nel 2012, quando quattro giovani macedoni sono stati trovato morti dopo uno scontro con un gruppo di albanesi. Come le è venuto in mente allora di raccontare una storia più in generale sulla società?
Teona Strugar Mitevska:
Mi sono chiesta, “chi merita di morire così? La perdita di giovani vite può mai trovare giustificazione?” A partire da queste domande, sono arrivata al cuore del problema, ovvero all’ambiente odierno e al suo concetto di virilità imposto come codice sociale di comportamento, e alla violenza come prodotto deviato della società stessa. Mano a mano che la storia si sviluppava, diventava sempre più evidente che ciò di cui volevo davvero parlare non era di questi ragazzi, ma del loro ambiente e di come sono costretti ad accettarlo, anche a dispetto delle loro naturali inclinazioni.

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Nonostante la mentalità dei ragazzi e le loro azioni siano frutto della società, essi sembrano rivelare un mondo personale ben più cupo.
Due sono i fattori in gioco. Prima di tutto, la loro mentalità provinciale, unita all’assenza di un punto di vista personale: com’è la nostra società e in quale direzione vogliamo andare? Il passaggio dal comunismo al liberalismo ci ha resi più individualisti, e quando l’individualismo si mischia con il maschilismo, si ottiene uno scenario sociale in cui, semplicemente, vince il più forte, non c’è niente da fare.

Il secondo fattore è il rapporto con l’Unione Europea. Qualche anno fa, ho avuto l’occasione di incontrare Doris Pack, le cui parole mi hanno colpita: ritardando l’ingresso della Macedonia nell’Unione Europea, quest’ultima ha indirettamente contribuito alla nascita del nazionalismo che, a sua volta, ha reso la Macedonia sempre meno adatta a diventare un paese membro. 

I giovani sono il risultato e, al tempo stesso, le vittime di questi due fattori. Non sono certa che il loro mondo sia più cupo di quello che li circonda, o se ciò non sia il frutto di un sistema di valori sbagliato che, per anni, è stato loro inculcato. Qual è la soluzione a questo circolo vizioso? O la situazione peggiorerà fino ad esplodere, come avviene nel film, o si scatenerà una rivoluzione e allora l’intera società civile si leverà e chiederà un vero cambiamento. 

In questo film si nota una grande cura ai dettagli e all’ambientazione, ma soprattutto alla musica e ai suoni.
Tutto quello che ci circonda ci definisce e per il cinema è lo stesso. L’uso di alcuni elementi per intensificare un’emozione o esperienza è il modo migliore per coinvolgere lo spettatore. Adoro questa sfida, per me si tratta quasi di un esercizio matematico, il cui risultato si riflette nell’anima del film, nella verità profonda che con questo si vuole diffondere.

Per quanto riguarda la musica e il suono, li ho sempre voluti usare come parte integrante della forma cinematografica e non per sottolineare qualcosa che è già presente al di fuori. Ho un’eccellente squadra del suono e grazie a loro posso esplorare questo elemento come mai prima d’ora, al punto da riuscire a rappresentare con esso le inquietudini e i dubbi di questi ragazzi. Il fonico Thomas Gauder, la tecnica del suono Ingrid Simon e il compositore Jean Paul Dessy hanno lavorato sodo assieme durante tutte le fasi di realizzazione del film, elevando l’intero progetto ad un livello superiore. 

Ha scritto la sceneggiatura con Elma Tataragić: come si è svolto questo lavoro a quattro mani?
La nostra collaborazione è nata per caso, su consiglio dell’attrice e produttrice Labina Mitevska, ma soltanto ora ne comprendo appieno il valore. Ad essere sincera, non sono mai stata granché come sceneggiatrice. Posso scrivere una scena interessante o avere delle buone idee, ma capisco poco di drammaturgia e delle tecniche per sviluppare una storia o un personaggio, per valorizzare gli elementi più importanti della trama. In definitiva, ci completiamo a vicenda e il risultato è miracoloso.

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(Tradotto dall'inglese)

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