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BERLINALE 2023 Berlinale Special

Andrea Di Stefano • Regista di L’ultima notte di Amore

“Era importante raccontare questi legami, queste coppie che devono sopravvivere con una paga di 1400 euro al mese”

di 

- BERLINALE 2023: L’attore-regista italiano ci parla del suo terzo film da regista che ruota attorno alla discesa agli inferi di un poliziotto onesto

Andrea Di Stefano  • Regista di L’ultima notte di Amore

L’ultima notte di un poliziotto onesto prima di andare in pensione, una notte che prende la forma di una discesa agli inferi, è al centro del terzo lungometraggio da regista di Andrea Di Stefano (Escobar [+leggi anche:
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), presentato alla Berlinale nella sezione Berlinale Special. L’ultima notte di Amore [+leggi anche:
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è un thriller che mischia azione e riflessione sociale, nato da un’immersione nella realtà degli agenti delle forze dell’ordine, con protagonisti Pierfrancesco Favino e Linda Caridi.

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Cineuropa: Come nasce l’idea di questo poliziotto onesto, imparentato con gente pericolosa e amareggiato perché ritiene di non aver avuto quello che si meritava?
Andrea Di Stefano:
Il film si ispira liberamente a un fatto di cronaca, poi, quando ho cominciato a mettere insieme i pezzi della sceneggiatura, ho incontrato agenti delle forze dell’ordine. Il tratto comune a molti di loro era che tutti in qualche modo erano rimasti amareggiati a fine carriera, perché ritenevano di aver dato tanto allo Stato e di non aver ricevuto abbastanza in cambio. Anche la storia del poliziotto innamorato e sposato con una donna vicina alla ‘ndrangheta è una storia vera che ho incrociato durante le mie ricerche. Franco Amore è un poliziotto onestissimo, ma è rimasto escluso da indagini importanti perché temevano che ne potesse parlare con la moglie, e che lei riferisse ai suoi parenti. E lui è ferito per questo.

Tra Franco Amore e sua moglie c’è una grande complicità, e il personaggio di lei è molto importante per le dinamiche del film.
Lei gli salva la vita, è il motore del film. Volevo un personaggio femminile proattivo, che fosse la parte pensante di un uomo che invece sta assimilando il fatto che il suo miglior amico è morto; lui è sotto shock, ha paura, si rende conto di essersi messo in un guaio più grande di lui. Viviana è un personaggio senza falsi moralismi, perché la realtà è così: se sei veramente nella merda pensi a come salvarti il culo. Lei protegge lui e lo obbliga a riflettere, sono una coppia. Era importante raccontare questi legami, queste coppie che devono sopravvivere con una paga di 1400-1800 euro al mese. Lui lavora di notte, a volte sta fuori 36 ore di seguito… non è facile. Sono donne con personalità spesso sorprendenti, e io volevo raccontare questa carne viva.

Riguardo all’aspetto visivo del film, quali linee l’hanno guidata?
Volevo fare un film come si faceva una volta, in pellicola. Volevo girarlo di notte, con i chiaroscuri, con il giallo oro che raccontasse la ricchezza di Milano, e creasse ombre e lame di luce sugli attori, insieme alle sirene, con tutto il resto in controluce. Volevo che il protagonista si nascondesse in quelle zone di ombra. C’è la presenza costante del nemico ma è senza volto, il cerchio si stringe pian piano attorno a Franco, il pericolo c’è ma non sappiamo da dove arriva. Entrare nel piano cerebrale del protagonista rispetto al mondo esteriore, capire da dove vengono emotivamente le azioni dei protagonisti, essere in contatto con il loro pensiero e il loro istinto: il cinema che adoro, quello di Hitchcock e Kurosawa, ha influenzato il modo in cui ho scritto e girato il film. Non sono appassionato di film d’azione o di thriller; il genere qui è uno strumento attraverso il quale raccontare il mondo criminale di Milano e il doppio lavoro che fanno i poliziotti per arrivare a fine mese, in modo più libero rispetto a un film di denuncia sociale.

L’estetica del film è un po’ vintage, specialmente nella scena della festa a sorpresa: sembra di stare negli anni ’80.
Mi sono trovato in situazioni del genere, a una festa di carabinieri, ed era tutto stranamente démodé. I costumi del film si basano sul potere d’acquisto di chi guadagna quelle cifre. Per Ernesto, il figlio di Dino, abbiamo comprato vestiti ai negozi dell’usato, dandoci 30 euro di spesa in tutto. Anche per la casa di Franco Amore, abbiamo visto zone con affitti che un poliziotto si può permettere: 50 mq dietro la stazione, con il rumore dei treni in sottofondo. La casa non è ricostruita in studio, è tutto girato in posti veri.

Anche per le musiche, con Santi Pulvirenti ci siamo voluti ispirare al cinema anni ’70-80. Volevamo una musica con strumenti veri, non campionata. La parte iniziale con i respiri si ispira a Miriam Makeba, la spinetta richiama Cipriani, il fischio Morricone. Ci siamo divertiti a ritrovare cose interessanti della nostra tradizione.

Franco Amore teme che, commettendo un crimine, non gli venga riconosciuta la pensione. Funziona proprio così?
È tutto vero: anche ai poliziotti che commettendo un crimine muoiono, tolgono la pensione alla famiglia. Mi ha colpito molto quando l’ho saputo. Ma la cosa che mi ha più scioccato è che tutti gli agenti di polizia fanno un doppio lavoro, anche molto umile, l’imbianchino per esempio. Quando per arrotondare guadagni 10 euro all’ora, se un criminale te ne offre 500 per mezz’ora di lavoro, è difficile dire di no.

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