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Daniel Sanchez Arévalo • Regista DarkBlueAlmostBlack alla Mostra di Venezia

"Dirigere un film è stato lo sviluppo naturale dello scrivere sceneggiature"

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Lo sceneggiatore madrileno, da poco passato dietro la macchina da presa, Daniel Sanchez Arévalo ci racconta la sua esperienza registica con DarkBlueAlmostBlack [+leggi anche:
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, attualmente nel programma dei Venice Days. Incontro al Lido con uno dei talenti più promettenti del panorama cinematografico spagnolo.

Cineuropa: Lei ha studiato economia, come il protagonista di DarkBlueAlmostBlack. Quando ha iniziato a scrivere?
Daniel Sanchez Arévalo: Vengo da una famiglia di artisti e, per ribellione, ho deciso di intraprendere un percorso diverso. Ho studiato economia, ma, subito dopo, mentre cercavo un lavoro in banca o in una compagnia di assicurazioni, ho iniziato a scrivere storie brevi per ammazzare il tempo. Poi ho trovato lavoro in TV come sceneggiatore. La televisione mi ha dato quasi tutta l’esperienza. Solo dopo dodici anni di lavoro per la tv ho frequentato la mia prima scuola di cinema.

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Ha diretto soltanto film scritti da lei stesso. Le piacerebbe dirigerne uno completamente scritto da un altro?
Per me, dirigere un film è stato lo sviluppo naturale dello scrivere sceneggiature, sì, mi piacerebbe dirigere qualcosa che non ho scritto io. Ma avrei bisogno di sentire che ho aggiunto qualcosa. Ho bisogno di sentire che sto per trasformare la storia in qualcosa di mio. In Spagna c’è spesso un equivoco sulla parola "autore", nel senso che lo sei solo se scrivi e dirigi. Personalmente, non mi trovo d’accordo.

Qual è stato il punto di partenza di DarkBlueAlmostBlack e come ha scelto gli attori?
La scrittura di questo film è stata per me un processo lungo. Avevo un’immagine chiave del film in testa da molto tempo: un ragazzo che sta vicino a qualcosa che vuole, ma un vetro li separa. Quanto può essere frustrante essere così vicini e lontani allo stesso tempo? E allora ho ritratto Jorge che guarda un abito che crede necessario per un colloquio di lavoro, e ci ho costruito l’intera storia. Gli altri personaggi e le situazioni sono venuti fuori naturalmente, a parte quello di Antonio de la Torre, scritto apposta per lui. È un attore brillante e volevo continuare a lavorare con lui dopo i miei corti. Il personaggio di Marta Etura è diverso da come lo avevo immaginato inizialmente. Di solito ha ruoli di donna tenera, e volevo provare qualcosa di diverso con lei. Le ho chiesto di non sorridere mai perché, quando alla fine sorride, ha un impatto maggiore sul pubblico.

Di solito finisce lo script prima di iniziare a girare o permette al suo cast di apportare nuove idee durante le riprese?
Sono diventato regista perché non riuscivo a trovare nessun altro per dirigere i miei corti, e mi vedo innanzitutto come sceneggiatore. Mi concentro molto sul processo di scrittura, ma poi mi piace fare molte prove con gli attori. Se vengono fuori cose buone le integro con lo script. Durante le riprese è lo stesso, ma mi piace provare perché sento che, durante le riprese, ogni cosa è sotto controllo. Ho bisogno di sapere di aver fatto i compiti. Questa sicurezza mi da una maggiore libertà di improvvisare.

Il tono di ottimismo generale del film è in parte adombrato, verso la fine, da scene di violenza inattesa. Come mai?
Jorge si prende sempre cura delle persone attorno a lui. Ha bisogno di esplodere, di esprimere la sua rabbia. Ha sempre fatto la cosa giusta, e alla fine capisce che non si può sempre essere corretti se si desidera ottenere ciò che si vuole. Quando il padre picchia il fratello, Jorge capisce che non morirà (nonostante le ferite), guarda l’orologio e se ne va al colloquio. Finalmente ha pensato: "vado a farmi una vita”.

Dopo il successo di DarkBlueAlmostBlack sente addosso la pressione per il suo prossimo lungometraggio?
Ho realizzato dei corti— alcuni di grande successo— e quando ho iniziato a girare Dark Blue Almost Black molta gente mi ha fatto la stessa domanda. Ho capito molto tempo fa di non essere un genio, e che forse non girerò mai un capolavoro. Questo ha tolto molta pressione dalle mie spalle! L’unico modo che ho per gestirla è sapere di avere buoni script in cui credere.

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