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Emanuele Crialese • Regista

Il sogno americano, pensando a Fellini

di 

Applausi calorosi da parte di tutta la stampa, internazionale e italiana, alla proiezione di NuovoMondo [+leggi anche:
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, secondo film italiano in concorso alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, terzo film di Emanuele Crialese dopo il successo di Respiro [+leggi anche:
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: "Mi sono sentito incoraggiato dal pubblico, ma non volevo tornare sui miei passi con qualcosa di simile a Respiro, mi sembrava un tradimento. Mi sono avventurato nel sogno, nelle immagini oniriche. Pensando anche al grande maestro Federico Fellini".

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Il viaggio di una famiglia siciliana verso l'America agli inizi del secolo è fotografato da Agnès Godard e magnificamente interpretato da Charlotte Gainsbourg e Vincenzo Amato.

Cineuropa: Qual è stata l'idea di partenza?
Emanuele Crialese: Il film è nato da una visita al museo di Ellis Island. Gli sguardi degli immigrati puntavano storditi verso l'obiettivo come se fossero appena sbarcati sulla luna. Questo film non è stata una scelta politica o sociologica. E' scaturito solo da quegli sguardi.

Lei comunque ha studiato a lungo la storia di Ellis Island, prima di girare il film. Su cosa si è basato per scrivere la sceneggiatura?
La mia guida in questa avventura sono state le parole di carta, le lettere spedite ai parenti rimasti a casa. Venivano dettate perché la maggior parte degli immigrati erano analfabeti. Io ne ho lette centinaia, cercando di immedesimarmi e ritrovare l'identità di quegli uomini d'altri tempi, che trovavano sempre il lato positivo delle cose, nonostante la miseria più nera.

Era difficile trovare un taglio nuovo per raccontare ancora una volta questa grande storia.
Il mio riferimento più importante è America, America di Elia Kazan. Ma mi sono staccato da quel film perché lui ha raccontato l'immigrazione in maniera troppo trionfalistica per l'America. Io ho voluto fotografare qualcosa che è frutto dell'immaginario collettivo.

Come ha costruito il personaggio di Charlotte Gainsbourg?
Lucy, che dagli italiani verrà chiamata per tutto il tempo signorina Luce, è una donna del Mondo Nuovo, una donna moderna che vive la sua solitudine, avvolta nel mistero. E' come un'idea, un altro sogno del protagonista Salvatore. Sono il vecchio e il nuovo mondo a confronto. Volevo che l'attrice provenisse da un'altra cultura in modo che io fossi forzato a trovare un linguaggio universale. Charlotte per me è ancora un mistero, è molto discreta e riservata.

La scena della partenza dal porto è particolarmente efficace.
E' stata una delle prime scene che ho disegnato sullo story board, ed è quella che è venuta più facilmente quando abbiamo girato. Si tratta in realtà del porto di Buenos Aires. Ho utilizzato delle comparse del luogo, erano tutti figli di immigrati che conoscevano perfettamente la storia delle loro famiglie. Per questo ci sono stati momenti di grande commozione che mi hanno letteralmente ipnotizzato e spinto a cercare qualcosa di vero in quello che stavo girando.

I costumi sono molto importanti in un film come questo... E in NuovoMondo sembrano avere una vita propria.
Ho avuto diverse discussioni con Mariano Tufano, che è un grande costumista. Io volevo toppe e rammendi, lui ha capito e abbiamo trovato delle soluzioni.

Molto coraggiosa è stata la scelta di impiegare un dialetto siciliano stretto.
Certe volte il suono è più importante delle immagini. I dialetti hanno una grande carica emotiva, che l'italiano non ha. E' una ricchezza che va diffusa il più possibile. Rai Cinema mi ha permesso di sottotitolare alcune frasi particolarmente difficili da comprendere.

Il tema dell'immigrazione è drammaticamente attuale. Il suo film ha un messaggio da lanciare?
Non riesco a lanciare messaggio, ma interrogativi. Questa gente parte lasciandosi alle spalle la propria cultura, nella speranza di una nuova vita e di un lavoro. Gli italiani hanno costituito la parte più consistente dell'immigrazione nel mondo, 20 milioni di persone. Ci siamo integrati, abbiamo mantenuto la nostra identità culturale e siamo conosciuti come grandi lavoratori. L'unico messaggio possibile è: attenzione, è solo gente disperata che vuole lavorare.

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