Dominique Abel e Fiona Gordon • Registi
La scienza del movimento
di Dimitra Bouras, Jean-Michel Vlaeminckx - Cinergie.be
- Incontro con la colorita coppia di registi partner sulla scena e nella vita, uniti da una passione incontenibile per il burlesque e ora all'appuntamento delle sale con il loro secondo lungometraggio
Cinergie: Vi sapevamo attori burleschi in teatro e al cinema, ma non sapevamo che eravate anche ballerini. La vostra performance è notevole. E' un assaggio di quello che si può vedere in scena?
Fiona Gordon: Sì, nella misura in cui nei nostri spettacoli includiamo sempre un balletto e non so perché non ne abbiamo messo uno in L'Iceberg [+leggi anche:
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In che modo lavorate? Il film viene elaborato sul palco, creando delle situazioni che includerete nel film o, al contrario, scrivete una sceneggiatura classica?
Dominique Abel: Si passa senza soluzione di continuità dal palcoscenico alla scrittura. Quando abbiamo un canovaccio che regge, lo proviamo per essere certi dell'effetto comico prima di inglobarlo nella sceneggiatura. I nostri quindici anni di teatro e il nostro essere attori fisici nutrono la nostra scrittura. Facciamo delle caselle, come si dice nel linguaggio dei fumetti, ma non il contenuto delle caselle. Ad esempio, scriviamo: "La coppia è insonne perché l'indomani devono presentarsi a un concorso e sono molto nervosi". Questo è il tema, e questo tema ha così tante possibilità d'interpretazione che non c'è bisogno di scrivere altro. E' una scrittura particolare, perché si sa già quando Fiona farà ridere, ma non si è mai completamente sicuri finché non lo si prova. Stessa cosa per me e per Philippe Martz: abbiamo imparato, affinando la nostra recitazione in teatro, il genere di storie che fanno per noi. Non stupiamo il pubblico con cose complesse o con colpi di scena, ma con i gesti, con i movimenti. Ciò che è paradossale nella nostra recitazione è che abbiamo bisogno di molte prove affinché i movimenti trovino il giusto ritmo, ma questo non si deve vedere. Bisogna assolutamente ritrovare la spontaneità prima di girare.
Ci sono poche parole in un film burlesco ed è sempre stato così. E' per questo che il burlesque aveva il suo posto nel cinema muto. Con l'arrivo del suono, la parola è stata rimpiazzata da un suono bizzarro, come nel caso del M. Hulot di Jacques Tati. Come avete risolto la questione?
Fiona Gordon: Non cerchiamo di non parlare, ci viene naturale.
Dominique Abel: Quando improvvisiamo, non ci è vietato parlare, ma ci mettiamo giusto la dose di dialogo che ci piace. Nel nostro registro comico, il corpo è un elemento essenziale.
Ma voi non fate ricorso a rumori o alla musica per corredare l'immagine.
Dominique Abel: Non mettiamo musica di sottofondo. Da noi, tutto è epurato, l'immagine, i gesti e anche il suono. Quando si mette la musica, deve esserci una ragione, che sia per essere ballata o altro. Il nostro rapporto con il cinema non è realistico, non metteremo mai un suono per affermare una realtà; veniamo da un universo più teatrale, abbiamo l'abitudine di immaginare, e se un suono è presente, lo è per la sua musicalità. Si potrebbe paragonare la colonna sonora dei nostri film alla linea chiara del fumetto: Hergé diceva che non avrebbe mai disegnato un telefono su un tavolo se non era previsto che suonasse. Per noi è la stessa cosa, nella composizione dell'immagine e del suono.
Per il video dell'intervista, clicca qui.
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