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Venezia 59 – Fuori Concorso

di 

- Un’America latina insanguinata dal terrorismo quella dell’esordio alla regia dell’attore che ha girato Dancer upstairs tra l’Ecuador, la Spagna e il Portogallo

Abile camaleonte John Malkovich. Arrivato a Venezia qualche giorno fa nei panni d’attore per il film di Liliana Cavani, oggi è di nuovo in scena in quelli di regista, per presentare il suo primo lungometraggio Dancer upstairs, accompagnato dagli attori protagonisti, Javier Bardem e Laura Morante, e dalla misteriosa e ormai imprescindibile valigetta di coccodrillo bianco.
Per questo debutto eccellente il neo-regista si ispira all’omonimo romanzo di Nicholas Shakespeare per raccontare l’America Latina insanguinata dal movimento terroristico organizzato, in cui si costruisce l’indagine di Agustin Rejas per arrestare Ezequiel, il feroce capo dei guerriglieri-rivoluzionari maoisti. Una sanguinosa caccia all’uomo per la quale il poliziotto dovrà fare i conti con la corruzione che lo circonda.
Contrariamente al libro, Malkovich non accenna specificatamente all’organizzazione peruviana di Sendero Luminoso, preferisce invece portare l’attenzione sul conflitto interiore di Rejas, davanti ad una realtà di violenza e sangue e ad un amore impossibile. “Conoscevo già molto bene il Perù e Sendero, ma erano le mille sfaccettature dei personaggi del libro che mi avevano colpito. Ed era di quelle che volevo parlare”. Ambientato in Ecuador, Spagna e il Portogallo il film ha avuto bisogno di una lunga preparazione, quasi cinque anni e di tutta l’esperienza di un attore poliedrico e originale come Malkovich “Fin dall’inizio della mia carriera ho cercato sempre di capire come funzionava il set. Seguivo il lavoro dei tecnici e ho spesso collaborato alla sceneggiatura e alla regia. Il passaggio è stato quasi naturale. Certo aiuta molto anche il lavoro d’attore che permette di comprendere a fondo quanto e come un personaggio può essere sviluppato”.
Un set complesso anche per l’intrecciarsi delle mille lingue diverse degli attori e dei tecnici “Mi piace molto sentir parlare la lingua inglese con un accento straniero. Per questo film mi piaceva l’idea di ascoltare gli attori parlare in una lingua che non è la loro e in un Paese che non è il loro”.
Un progetto importante per il quale non avrebbe certamente rinunciato, neppure per rappresentare l’America con uno degli undici episodi del film sull’11 settembre, presentato alla Mostra negli eventi speciali: “Non avrei accettato la proposta comunque – ha concluso Malkovich – La storia non si rivela attraverso degli articolini di giornale o una serie di immagini, ma solo nel corso dei decenni e dei secoli. Sono operazioni del cui risultato non ho fiducia”.

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