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CANNES 2010 Un Certain Regard

Film socialisme: Un Certain Godard

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scheda film
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trascina uno stupefatto spettatore in un viaggio vertiginoso, a condizione che sia disposto a mollare gli ormeggi narrativi per seguire Jean-Luc Godard su una "vague" che somiglia più a un maremoto, come annunciato dal suono grave delle due parole sovrapposte che compongono il titolo, da sempre messe in dialogo fra loro dal maestro svizzero, in modo sperimentale.

In questo film, lanciato in VoD in contemporanea alla sua proiezione nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes, ritroviamo la passione di Godard per l'immagine e i mezzi tecnici per renderla, dalla vecchia camera reflex e la fedele Olympus alle immagini spixelate o spezzate create con il digitale, tutt'altro che dolci per l'occhio.

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Il suo genio provocatorio e innovativo lo si ritrova fin da titoli di testa, composti da abbreviazioni in "O", come "textos", "tecknos"... Qui si entra in un mondo socialista e decisamente intellettuale. Il film, annunciato come una "sinfonia in tre atti", si organizza piuttosto in due tempi, più una coda dove i titoli in rosso, che scandiscono tutta l'opera, tornano neri.

Il primo atto, il più cacofonico dal punto di vista visivo e uditivo, racconta una crociera che sarebbe l'anti-film parlato alla Oliveira. I rumori di fondo e le interferenze, da sempre care a Godard, sono qui in primo piano: su questa barca in cui si mischiano tutte le nazionalità e le lingue, si percorre attraverso aforismi ed esclamazioni sentenziose la decadenza dell'Europa, sullo sfondo della nostalgia delle origini (egiziane, geometriche...).

Vi succede di tutto: bambini francesi si esprimono in tedesco tra una pagina e l'altra de "La porta stretta" di Gide, domandando a un vecchio che cosa faceva nel '43; una ragazza impara a miagolare guardando un video su Internet; tra un primo piano su una macchina che fabbrica soldi (falsi) e una scena in cui una giovane dagli occhi bendati cade in piscina, si evocano Odessa, Stalin, Napoli, la Palestina, e infine Napoleone, mentre un'americana reclama l'arte e un coltello... "COSE", "COSI'", sfilano a caratteri rossi.

Il secondo atto, più netto, meno rumoroso, mostra una famiglia di meccanici politicizzati ripresi da una tv regionale e i cui bambini, esistenzialisti, rifiutano di utilizzare il verbo essere (e avere, allora?). La lingua, da Jakobson alla tipografia, ha naturalmente un posto importante nel film – da notare i sottotitoli inglesi ridotti a brevi sintagmi – così come i geroglifici, poiché Film socialisme invita a un'operazione di decrittazione, e al contempo la scoraggia.

In effetti, in questo film non tanto anarchico quanto anarchista, l'autore di Week-end ci fa capire che tutto è là, eloquente, e non ha bisogno di interpretazione. Al posto della parola "FINE", che una volta concludeva lo spettacolo, Godard scrive qui "NO COMMENT".

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(Tradotto dal francese)

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