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CANNES 2011 Concorso / Italia

This Must Be the Place: viaggiare per rinascere

di 

L’originalità e il talento che non sono mai mancati al regista italiano Paolo Sorrentino sono cresciuti prendendo un respiro più ampio nell'ottimo This Must Be the Place [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Paolo Sorrentino
scheda film
]
, presentato oggi in concorso al Festival di Cannes. Sostenuto da una performance stupefacente della star americana Sean Penn, questo film visivamente ben compiuto riesce a coniugare la sperimentazione tipica dello stile di Sorrentino con una profonda ricchezza tematica.

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Intrecciando il ritratto di un'ex rockstar depressa in cerca di identità con un road movie che si dipana negli Stati Uniti sulle tracce di un criminale nazista, il regista va oltre la sua abituale fascinazione per le figure insolite e svela il suo punto di vista sull'umano sondando un territorio nuovo sia fisicamente (il continente americano) che emotivamente, senza smarrire il suo genio di regista e la distanza data dal suo umorismo eccentrico.

Trucco eccessivo, capelli alla Robert Smith dei Cure, camminata da vecchietto: Cheyenne (Sean Penn) è un uomo spezzato, dallo spirito bizzarro, che vive in Irlanda in un vasto maniero lussuoso e spoglio. Ritiratosi dalle scene vent'anni prima in seguito al suicidio di due suoi fan e senza alcuna intenzione di farvi ritorno, nonostante la sua notorietà (che lo infastidisce) sia rimasta intatta, la rockstar si trascina dal supermercato a casa, interessato soltanto, ma a malapena, all'andamento in Borsa delle sue fortune. Dipendente da sua moglie (Frances McDormand), energica e amorevole, questo uomo solitario sprigiona un'impressione patetica e strana, una gentilezza naif attraversata da improvvisi scatti d'ira.

Ma qualcosa succede nella sua vita: suo padre muore di vecchiaia. Dopo aver attraversato l'Atlantico in nave ed essere arrivato troppo tardi, Cheyenne scopre il mistero del passato di suo padre: è sopravvissuto ai campi di concentramento. Sconvolto dalla morte di questo genitore con cui non aveva alcun contatto da quando era adolescente e irriso da un cacciatore di nazisti che gli offre la visione di diapositive sull'Olocausto, la rockstar si lancia attraverso l'America (da New York a Huntsville nello Utah, passando per Bad Axe in Michigan e per Alamogoroo in Nuovo Messico) alla ricerca di un nazista che perseguitava suo padre. Un'indagine condotta con metodi barocchi che lo porterà a conoscere se stesso, ad accettare il passato e a uscire da un'infanzia prolungata.

Prendendo in contropiede sia i suoi ammiratori che i suoi detrattori, Paolo Sorrentino adotta per This Must Be the Place una regia più posata, agli antipodi delle giravolte dei suoi film precedenti. Questa fluidità che si espande nei grandi spazi americani è magnificamente fotografata da Luca Bigazzi, complice di un cineasta la cui grande creatività è divenuta un marchio di fabbrica talvolta traboccante, ma sempre stimolante. Spesso divertente, il film non commette alcun passo falso nel trattare il tema delicato dell'Olocausto, affrontandolo senza pathos da angolazioni classiche (estratti di lettere in voce fuori campo e le diapositive summenzionate) e da altre più iconoclaste (il cacciatore nazista alla ricerca di milioni di denti d'oro e un finale molto forte che è meglio tenere segreto). Riuscendo a rinnovarsi e a trovare la sua strada negli Stati Uniti, con uno Sean Penn in stato di grazia per una produzione europea in lingua inglese, l'audace Paolo Sorrentino si concede una nuova libertà creativa e offre al pubblico un'opera che guadagna progressivamente in profondità pur restando fedele allo spirito eccentrico del rock ‘n’ roll.

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(Tradotto dal francese)

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