email print share on Facebook share on Twitter share on LinkedIn share on reddit pin on Pinterest

CANNES 2012 Settimana della Critica / FR

Au galop: un uomo e tre donne

di 

- Nella sua opera prima da regista, l'attore Louis-Do de Lencquesaing si concentra su famiglia, catarsi e confusione di sentimenti

Annunciata dal delegato generale della Settimana della Critica come un'opera "truffautiana", Au galop [+leggi anche:
trailer
scheda film
]
di Louis-Do de Lencquesaing, presentato oggi in concorso nella sezione parallela del festival di Cannes, non ha smentito questa filiazione senza pertanto eguagliare il maestro Truffaut.

Primo lungometraggio da regista dell'attore 48enne, il film intraprende il cammino già segnato della ricerca dell'identità attraverso gli eventi (o le prove) sentimentali. Centrato sul personaggio dello scrittore Paul (impersonato dal cineasta nel solco del suo lavoro in Le père de mes enfants), quarantenne divorziato e disilluso che vive con sua figlia (Alice de Lencquesaing), l’intreccio oscilla tra due interpretazioni possibili: la prima, di una storia che lo spettatore vede gradualmente prendere forma davanti ai suoi occhi con le sue traiettorie archetipiche (cosa che potrebbero suggerire i passaggi molto letterari con la voce fuori campo); la seconda, quella di un autoritratto di un uomo che fatica a trovare una definizione e a comunicare le sue emozioni. Una volta poste queste due ipotesi (cui il film, molto abilmente, non darà riposta), si svolge il filo di quello che si potrebbe definire semplicemente "la vita", con il suo corteo di interrogativi classici sull'amore, la fedeltà, la morte, i ricordi, il ragionevole e l'irragionevole, le relazioni filiali, il detto e il non detto, ecc. Ma il tutto è evocato con una semplicità e un'assenza di partito preso morale(ggiante) che preservano il fascino di un racconto senza grandi sorprese.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

Attraverso Paul sono ritratte tre generazioni di donne. Quella di sua figlia Camille, che esce dall'adolescenza e scopre l'amore e l'indipendenza; quella di Ada (l’ottima attrice italiana Valentina Cervi), che si lancia in un'avventura extra-coniugale con lo scrittore; e quella di Mina (Marthe Keller), la borghesissima madre del romanziere che comincia a perdere colpi dopo la morte del marito. Perché Au galop è attraversato dal fuoco catartico di questo lutto che scuote Paul e suo fratello François (un ottimo Xavier Beauvois). Come sottolinea uno dei protagonisti: "Deragliamo un po' in questo momento, ma è una cosa passeggera". Tra singhiozzi e risate nervose, tra l'emergere dell'inconscio attraverso i sogni in cui appare il defunto e il nucleo familiare che si stringe intorno ai momenti difficili, il film tenta di gettare un ponte tra la morte e la rinascita, tra il peso del passato e delle sue cicatrici (evocazione esplicita della fine del mondo da Il giardino dei ciliegi di Chekhov) e il carattere indomabile e incomprensibile del "cuore che batte, quello della nostra infanzia per sempre incompiuta". Un cuore fragile che riprende sempre il sopravvento per dei personaggi un po' disorientati in un universo affettivo troppo vasto per loro, cosa che potrebbe servire da metafora a un film irregolare, talvolta maldestro (troppe coincidenze), ma molto ben interpretato e più singolare di quello che sembra. Come la vita stessa, la cui semplicità non sempre è sinonimo di facilità.

(L'articolo continua qui sotto - Inf. pubblicitaria)

(Tradotto dal francese)

Ti è piaciuto questo articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere altri articoli direttamente nella tua casella di posta.

Privacy Policy