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VENEZIA 2012 Giornate degli autori

Kinshasa Kids: l'arte di arrangiarsi con la musica

di 

- Con Kinshasa Kids, Marc-Henri Wajnberg si immerge in un set musicale al ritmo sfrenato dei bambini di strada della capitale congolese. Un successo

Articolo 15: arrangiatevi. Questo sembra mormorare Kinshasa, piena di vita e di musica. L'articolo 15 è un vero e proprio mito congolese, una sorta di filosofia dell'adattamento: aiutati che Dio t'aiuta. Lo cantava Papa Wemba (che fa un cameo nel film) vent'anni fa in La Vie est belle. L’articolo 15 sembra aver guidato anche i passi di Marc-Henri Wajnberg, il "bianco" (come viene chiamato nella pellicola) andato a filmare i musicisti di Kinshasa e rimasto travolto dalla gioventù brulicante della città, come lo spettatore davanti alla scena di esorcismo collettivo che apre Kinshasa Kids [+leggi anche:
recensione
trailer
intervista: Marc-Henri Wajnberg
scheda film
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Circa 25 000 bambini battono le strade della capitale della Repubblica Democratica del Congo, la maggior parte di loro messi alla porta dalle proprie famiglie perché considerati posseduti dal demonio. Questi bambini vivono in gruppo e formano dei veri e propri eserciti per proteggersi fra di loro e soprattutto dagli adulti, che non si fanno scrupoli a picchiarli o a rubar loro quel poco che hanno, una banana o un paio di ciabatte. Questi bambini vengono chiamati Shegués, lontana allusione a Che Guevara, perché sono guerrieri. Poussières de ville (polveri di città), come li chiamava Moussa Touré in un documentario del 2004 (lui si riferiva a Brazzaville).

Questi bambini sono il cuore del film di Marc-Henri Wajnberg, progetto ibrido, una sorta di docu-fiction. Un progetto con due punti di partenza: i bambini e la musica. Naturalmente, i due finiscono per fondersi. Il gruppo di bambini di strada, che incontriamo grazie al piccolo José sfuggito al rito dell'esorcismo, si mette in testa di organizzare un concerto per raccogliere denaro e combattere la miseria. Si danno da fare per portare a termine il loro progetto sotto la tutela strampalata di Bebson, mistico spilungone, magnifico perdente, genio incompreso, che batte le strade con nonchalance e leggerezza. In tutta la città risuona la musica, che sia classica o tradizionale, polifonica o puramente ritmica, rap, raggamuffin, e poi note di pianoforte che riecheggiano Sinner Man di Nina Simone e la cui enorme energia si fonde con il ritmo della città.

Il montaggio del film è stato tutt'altro che semplice. Il regista si è scontrato a più riprese con l'assurdità della società congolese: autorizzazioni per le riprese fasulle, la corruzione e questi bambini che sognano a voce alta di essere poliziotti o politici per poter rubare più tranquillamente; l'indigenza, la mancanza di educazione, la superstizione, il destino di generazioni di bambini di strada che daranno vita, a loro volta, a bambini di strada. Wajnberg è andato sei volte a girare a Kinshasa, dove ha finito per sistemare questa banda di bambini in una casa per un anno, mandandoli a scuola, pagando per loro un corso di musica.

Alla fine, si esce da Kinshasa Kids con la sensazione di essere stati testimoni privilegiati di un progetto fuori dal comune, lontano da ogni catalogazione, che mischia con disinvoltura finzione e documentario, che si concede parentesi incantate, animate o coreografate. Il film evita ogni pesantezza, un rischio incombente, visto il soggetto. Senza sentimentalismo, né paternalismo, il film corre a volte dietro, a volte al fianco di questi bambini, arrivando a catturare la loro energia. Kinshasa Kids ha la libertà di un'improvvisazione musicale. Un vero successo.

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(Tradotto dal francese)

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