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Speciale Cannes

di 

- Nuovo evento al Festival con la presentazione della versione restaurata di Playtime, il film più costoso e monumentale di Jacques Tati

C´erano tutti alla proiezione di Playtime, il film più amato da Tati e più sottovalutato dalla critica, organizzata ieri pomeriggio al Palais des Festival. C´era persino Michel Piccoli, che con l´indimenticabile cappello e l´impermeabile di Monsieur Hulot ha salito la scalinata scenograficamente decorata da Macha Makeleff e Jèrome Deschamps (anche curatore del restauro del film) per stringere la mano al presidente della giuria David Lynch. Scomparso da ormai più di vent´anni, Jacques Tati (vero nome Jacques Tatischeff) ha lasciato in eredità una comicità stralunata, attraverso cui sottolinea la sua critica a quel mondo moderno che con prepotente rapidità impedisce di prendere gusto alle cose e alla vita. «La gente è triste - diceva - nessuno fischietta per strada. Credo che il giorno che non potrò più fischiettare per strada sarà una cosa gravissima».
Lo rappresenta meglio di tutti il suo Monsieur Hulot: uomo tranquillo e impassibile, dalla camminata a scatti e dall´abbigliamento improbabile quanto imprescindibile. Un'avventura cinematografica iniziata dopo anni di cabaret e music-hall e coronata da un successo immediato. Il suo primo lungometraggio, Jours de fête del 1949, in bianco e nero e poi successivamente colorato, vince il Gran Prix du Cinéma à Parigi, Mon oncle, è insignito del Premio Speciale al Festival di Cannes nel 1958 e infine Les vacances de Monsieur Hulot letteralmente sommerso dai premi. Ma ci vorranno nove anni per riuscire a realizzare l´audacissimo Playtime. Una visione grandiosa di un film per cui Tati impose la costruzione di una intera città, a est di Parigi, nelle vicinanze di Vincennes.
Ribattezzata dai giornalisti «Tativille», la città edificata tra luglio ´64 e gennaio ´65 coprì una superficie di 15.000 mq, completa di strade asfaltate, acqua corrente ed elettricità. Girò la pellicola in 70 millimetri e in stereofonia indebitandosi fino al collo tanto da rovinarsi la carriera. Il film fu infatti un flop: al severo giudizio della critica francese si aggiunse una pessima distribuzione, limitata alle poche sale in grado di proiettarlo come il regista lo aveva realizzato.
E così, con l´omaggio del Festival di Cannes, il film più ambizioso di Tati, feroce denuncia dell´americanizzazione della società, ha ritrovato una seconda giovinezza.
Omaggio doveroso al suo mondo dove tutti ridono e tutti sono derisi .

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