Come to My Voice: promozione di valori umani, condanna del sistema
- Il secondo film di Hüseyin Karabey ha vinto di recente il Premio Cineuropa all’Istanbul Film Festival, oltre a quello alla Miglior Musica e al Premio del Pubblico nel concorso nazionale
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intervista: Hüseyin Karabey
scheda film], secondo film del regista turco Hüseyin Karabey (dopo il premiato debutto del 2008 My Marlon and Brando), è stato proposto in prima mondiale alla Berlinale nella sezione Generation, e ha di recente conquistato il Premio Cineuropa al 33° Istanbul Film Festival, oltre a quello alla Miglior Musica e al Premio del Pubblico del concorso nazionale.
Il road movie, che ha richiesto più di tre anni di lavorazione, parla del tema curdo in un paesaggio da favola, e si apre con una scena che illustra la tradizione locale dei dengbej, o bardi – narratori e cantanti rispettati che, prima dell’avvento della radio e della TV, annunciavano le notizie. Nella casa di un villaggio, tre dengbej ciechi cantano e raccontano una storia ad un gruppo di abitanti. La storia parla di una donna, Berfé (la non professionista Feride Gezer), e la giovane nipote Jiyan (Melek Ülger), partite per un lungo viaggio a piedi per liberare il padre della ragazza, Temo (Tuncay Akdemir), arrestato dall’esercito turco.
Una notte, il villaggio subisce un attacco dell’esercito turco in cerca delle armi dei guerriglieri curdi. Mettono in fila decine di uomini del villaggio, e chiedono con insistenza di consegnare le armi che pensano stiano nascondendo. I soldati cercano nelle case ma trovano soltanto una pistola, e portano gli uomini in carcere. Il capitano (Nazmi Sinan Mıhçı) dice che saranno rilasciati solo quando le famiglie consegneranno le armi.
Le armi, però, non ci sono davvero, e un tenente comunica al sindaco che dovrà raccogliere del denaro e pagarlo per acquistare alcuni fucili da usare come merce di scambio. “Questo è ciò che vuole il capitano, e non posso farci niente. È il modo più semplice”, commenta.
All’oscuro dell’accordo, Berfé e Jiyan partono per il lungo viaggio a piedi per visitare parenti in villaggi lontani e cercare armi, e sulla strada incontrano i tre bardi ciechi della scena iniziale. I bardi entrano così a far parte della loro storia. Camminano attraverso i meravigliosi paesaggi del Kurdistan turco, e Karabey e il direttore della fotografia DoP Anne Misselwitz fanno in modo che il verde delle montagne e dei pascoli e il blu dei laghi e dei fiumi appaiano il più attraenti e invitanti possibile.
Karabey mostra un evidente affetto per la terra e le persone: lui stesso di etnia curda, il regista ha deciso di mostrare i soldati turchi come esseri umani, condannando il sistema e la repressione durata secoli nei confronti della minoranza curda, della quale anche i soldati sono vittime.
La struttura dello script, scritta con Abidin Parıltı, tributa un omaggio alla tradizione dei dengbej. Il racconto non è l’unico metodo narrativo di Come to My Voice, ma anche la cornice degli eventi. Berfé racconta a Jiyan una storia, e molti altri personaggi ne raccontano durante il film. Il patto tra tenente e sindaco è anch’esso una storia. Nel tono piacevole del film, l’aspetto tragicomico, sebbene serio nella realtà, acquista le qualità di una barzelletta.
La gran parte del cast è composta da attori non professionisti, e due dei tre bardi sono veri dengbej – l’anziano Muhsin Tokçu è davvero un non vedente. Questo rende tutte le performance naturali e credibili, e la forma della fiaba permette questo approccio al casting. La colonna sonora di Ali Tekbas (uno dei bardi), Serhat Bostancı e A imran Erin richiama con passione la musica tradizionale curda, infondendo al film autenticità e poesia che si aggiungono al mix di lirica ed epica.
Come to My Voice è co-prodotto dalla turca ASI Film, la tedesca Neue Mediopolis Filmproduktion e la francese EZ Films, che ne cura le vendite. Il film si prepara ora ai festival di Cluj, Gerusalemme, Milano e Adana, e la distribuzione partirà a settembre con l’iniziativa Baska Sinema (leggi news).
(Tradotto dall'inglese)
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