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FILM Svizzera

Cherry Pie: il ritratto senza concessioni di un personaggio alla deriva

di 

- Lorenz Merz ci regala con il suo primo lungometraggio, un film complesso, a tratti claustrofobico, che mette in scena una Lolita Chammah dal fascino pericolosamente decadente

Cherry Pie: il ritratto senza concessioni di un personaggio alla deriva

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, il nuovo lavoro di Lorenz Merz, giovane regista svizzero che può già vantare al suo attivo un Quartz (2009) per il miglior cortrometraggio (Un dìa y nada), parla di solitudine, di rimorsi e dell’impossibilità di fuggire da un passato troppo ingombrante. Zoé tenta di scappare da se stessa, dagli errori che hanno marcato a fuoco il suo essere, lasciando dietro di sé paesaggi desolati e desolanti popolati da esseri umani insensibili alla sofferenza altrui. Zoé sembra vivere in un boccale, come un pesce rosso che apre la bocca senza emettere suoni. Nascosta nel bagagliaio di una macchina guidata da una misteriosa figura femminile, la nostra anti-eroina si ritrova su di un traghetto che la porta in Inghilterra. La scomparsa improvvisa della proprietaria della macchina permette a Zoé di impadronirsi della sua identità. Vestita della sua pelliccia e impadronitasi della sua casa, la nostra protagonista penetra in un mondo ancora sconosciuto.

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Quando lo spettatore incontra Zoé tutto è già successo fuori campo, in un luogo immaginario dove ogni ipotesi è valida. La sua faccia stanca e i segni lasciati sulla sua pelle dal rimorso e dal tormento di una vita non facile sono gli unici indizi che ci permettono di ipotizzare qual sia stato il motore che l’ha spinta a lasciarsi tutto alle spalle. La sua fuga è disperata, incontrollata, senza una meta precisa che le permetta di avanzare con dignità. Zoé entra poco a poco in un silenzio catatonico che l’allontana sempre più dalla realtà, come se il mondo che la circonda non la toccasse più, come se il tremendo ricordo di quello che è successo la rendesse impermeabile al presente. Lo spettatore assiste al suo pellegrinaggio dalla posizione spesso scomoda di chi osserva da vicino (primi piani che braccano la protagonista) la decadenza di un’anima alla deriva. Il personaggio principale (incredibile Lolita Chammah) si mette a nudo, si sgretola letteralmente davanti allo sguardo impotente del pubblico. 

Lorenz Merz registra gli stati d’animo della protagonista grazie a una fotografia dalle sfumature argentate che creano un’atmosfera disperata, irreale. Il nostro regista svizzero può mostrarsi anche estremamente crudele con il suo personaggio che viene a tratti molestato da una mano che appare da dietro la camera, come se volesse svegliare brutalmente Zoé dal suo inquietante torpore. La violenza, che ha sicuramente fatto parte del suo passato, riappare nel presente come a volerle ricorordare che la fuga non rimarginerà le ferite ancora aperte. 

Cherry Pie è un dramma intenso tra due esseri: il personaggio e il regista che si abbandonano in un valzer decadente che culmina con una scena finale degna di Anna Karenina. La fiducia tra queste due persone è assoluta, così come l’abbandono dell’attrice al regista è totale. Lorenz Merz non lascia respirare né l’attrice né il pubblico che cerca senza tregua di scoprire il mistero che spinge Zoé verso il baratro. L’eccellente colonna sonora (musica di Marcel Vaid) regala al film uno strato supplementare di mistero e ambiguità. Un film dal torpore regressivo che non lascia indifferenti.

Cherry Pie ha vinto il Premio Luna di Valencia per il miglior lungometraggio durante l’ultima edizione del Festival Internazionale del Film di Valencia (Cinema Jove). Il film è venduto nel mondo da Film Republic.

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