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LOCARNO 2014 Signs of Life

Antígona despierta: un mito nel nostro subconscio

di 

- Il secondo lungometraggio di Lupe Pérez García, un film sperimentale che rilegge in maniera astratta la tragedia di Sofocle, verrà presentato a Locarno

Antígona despierta: un mito nel nostro subconscio

I 63 minuti di Antígona despierta [+leggi anche:
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, che si colloca con orgoglio ai margini della cinematografia, lasciano lo spettatore confuso, sorpreso e un po' imbarazzato: sullo schermo appaiono creature di ogni sorta, la narrazione non segue un filo logico e anche l’impostazione del film non conosce restrizioni. Di fronte a uno spettacolo del genere, è inutile tentare di fare un'analisi razionale. Il sottoscritto ha deciso di far trascorrere un paio d'ore per vedere quali effetti avrebbero avuto sulla psiche le immagini che la regista argentina (ora residente in Spagna) ha portato sullo schermo.

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Il giorno dopo la visione del film, quei flash sono ancora impressi nella retina: avvoltoi che si accalcano per cibarsi di qualcosa (forse un corpo) mentre una donna si avvicina a loro; un motociclista che confessa alla telecamera come ha scoperto la sua passione dopo aver visto in faccia la morte; dei ragazzi che giocano con un insetto avvolti da un fascio di luce onirica; un castello dove si alternano visitatori a figure classiche di una leggenda immortale; un dromedario che vaga per un deserto spagnolo che fa da cornice allo scontro bellico tra russi e tedeschi.

Antígona despierta di Lupe García Pérez è tutto questo e molto altro. La regista è sbarcata alla sezione non competitiva Signs of Life del Festival di Locarno, il quale sarà sicuramente il preludio di una tournée per i vari festival che puntano su narrazioni alternative, non convenzionali e ardite. Finanziato da Toma 78 (la stessa che ha lanciato La madre [+leggi anche:
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di Andrés Muschietti), il film vede alla produzione (Labyrint Films) e alla fotografia Juan Barrero - il quale ha stregato Venezia e Siviglia con The Inner Jungle [+leggi anche:
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- nonché Gala Perez Iñesta nel ruolo di protagonista. Si tratta del secondo lungometraggio (dopo Diario argentino del 2006) di una regista esperta di videoarte e montaggio (El cielo gira e El quadern de fang). Il progetto è nato dall’impossibilità di girare un adattamento ad alto budget di Antigone in Patagonia. Tuttavia, grazie a una piccola troupe, è stato girato nelle brughiere dall'aria aliena della provincia di Huesca.

La terra e gli animali si appropriano di ciò che viene mostrato: in fase di realizzazione, sono stati inseriti personaggi reali che passavano nei pressi del set. Volti e vissuti - feriti dal mito di Antigone - che si raccontano di fronte alla telecamera, facendo saltare in aria senza pudore i limiti della finzione, della sperimentazione e del documentario. Se da un lato l’ambiguo personaggio immortalato da Sofocle riveste il ruolo del protagonista, dall’altro gli attori non professionisti forniscono quel senso di naturalezza necessario per provocare la stessa ambivalenza negli occhi del pubblico.

La libertà che ha caratterizzato le riprese su scala ridotta del film - durate otto giorni con una troupe di sei tecnici - ha permeato anche questa avventura cinematografica dove la realtà si impadronisce dell'obiettivo, creando un collage che ricorda le vite dei santi di Pasolini e causando uno strano senso di quiete così forte da anestetizzare l'inconscio dello spettatore.

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(Tradotto dallo spagnolo)

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