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LOCARNO 2015 Panorama Suisse

Wild Women Gentle Beasts o il dietro le quinte di un'universo tutto femminile

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- LOCARNO 2015: Panorama suisse del festival del film Locarno invita quast'anno la poliedrica regista Anka Schmid a presentare il suo ultimo documentario

Wild Women Gentle Beasts o il dietro le quinte di un'universo tutto femminile

Dopo un primo passaggio al prestigioso Vision du réel di Nyon dove è stato presentato in prima mondiale, Wild Women Gentle Beasts della regista zurighese Anka Schmid sbarca al Festival del Film Locarno nella sezione Panorama Suisse.

Per il suo ultimo documentario Anka Schmid indaga un mondo, quello delle domatrici di animali feroci, che la intriga sin da bambina. La passione e l'urgenza (le nuove leggi restrittive rischiano di estinguere la professione) con cui cerca di penetrare il loro mondo regalano al film un’atmosfera molto particolare, inquietante ma anche inaspettatamente tranquillizzante. Namayca, Carmen, Nadezhda, Aliya e Anosa sono cinque donne dalle origini molto diverse (sono rispettivamente francesi, tedesche, russe e egiziane) accomunate però da una passione divorante, quella per gli animali feroci, che si è trasformata in vero e proprio credo. Attratte dal pericolo ma anche e soprattutto dalla disciplina quasi monacale che il loro lavoro richiede queste cinque donne “fuori dal comune” si lanciano ogni giorno nell'arena, quella del circo ma anche quella della vita. Anka Schmid le segue molto da vicino svelandoci i segreti di un mestiere estremamente esigente, che non lascia spazio all’errore. Le immagini paillettate degli spettacoli si amalgamo armoniosamente con la realtà delle ripetizioni in un susseguirsi ipnotico di colpi di frusta e comandi dal sapore magico, ancestrale. Se in un primo tempo sono le cinque traiettorie personali a dominare la narrazione, racconti straordinari che ascoltiamo come ammaliati, sono piano piano le debolezze, le insicurezze che convivono con la ferocia del mestiere a prendere il sopravvento. La scelta di diventare domatrici è sicuramente dettata da un’immensa passione che nasconde però un’altra ragione, testardamente celata, quella di proteggersi da un mondo stigmatizzante che pretende relegare la donna ad un ruolo secondario. Se per alcune questa ragione è più evidente: Nadezhda, ex atleta tedesca (DDR) d’alto livello, sceglie di diventare domatrice per non perdere quel rigore che ha sempre scandito la sua vita, così come Anosa decide di onorare l’anticonformismo di sua nonna anche lei domatrice o ancora Nadezhda e Aliya (madre e figlia) che si rifugiano in una tradizione dura ma rassicurante; per altre come la giovane Namayca questa si esprime in modo più sottile. Tutte condividono il desiderio di sperimentare una “femminilità” diversa, spesso incerta, a volte stereotipata, ma mai imposta. Ciò che rende Wild Women Gentle Beasts estremamente interessante è proprio la ricerca d’identità che spinge queste donne a lanciarsi nell’arena. Sebbene tutte siano coscienti dello sguardo che gli uomini portano su di loro nel più profondo è con l’immagine che loro stesse hanno della “femminilità” che devono fare i conti. Se nella gabbia niente le scalfisce, fuori è una sorta di nostalgia ad attanagliarle. Nello sfidare i loro feroci amici sfidano allo stesso tempo anche se stesse, le proprie (celate) inibizioni. “Non appena entro nella gabbia mi dimentico di essere Anosa, sono semplicemente la domatrice”. E con questo tutto è detto. 

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Wild Women Gentle Beasts è venduto all’internazionale da Films Transit International.

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