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LOCARNO 2017 Semaine de la critique

Favela Olímpica, una lotta pacifica e disperata per difendere la propria identità

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- LOCARNO 2017: Il film del regista svizzero Samuel Chalard, presentato alla Semaine de la critique, ci invita a scoprire una realtà a cui nessuno si è mai davvero interessato

Favela Olímpica, una lotta pacifica e disperata per difendere la propria identità

Decisamente troppo poco glamour per attirare l’attenzione di chi potrebbe “fare la cosa giusta”, la storica favela Vila Autódromo di Rio de Janeiro si sgretola ogni giorno di più sotto la forza delle ruspe che avanzano imperterrite come soldatini ben addestrati. Vila Autódromo contro il faraonico progetto dei giochi olimpici di Rio 2016, questa è la realtà indubbiamente impari che Favela Olímpica [+leggi anche:
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di Samuel Chalard, presentato alla Semaine de la critique di Locarno, mette in scena. 

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Lontano da una logica giornalistica soggetta alla legge dell’audience, il regista svizzero posa il suo sguardo su questa realtà senza fretta, concedendosi il lusso di “esplorare” invece che “sorvolare”. I protagonisti di Favela Olímpica, finalmente presentati in tutta la loro complessità: esseri umani ricchi di un passato personale e di un’identità collettiva indissociabile dal territorio dal quale vogliono cacciarli, hanno finalmente la possibilità di raccontare la propria storia. Questo non cambierà purtroppo il corso delle cose ma permetterà per lo meno ad ognuno di esprimersi, (ri)guadagnando una dignità che non ha prezzo.

 Il sentimento che ci invade guardando Favela Olímpica è quello di ingiustizia. Dall’inizio alla fine del film, e malgrado il regista non dimentichi di dare la parola anche alla fazione opposta (il sindaco di Rio Eduardo Paes e gli architetti incaricati della costruzione dell’immenso parco olimpico), la mancanza di un orecchio attento ed imparziale trasforma il loro in un dialogo fra sordi. Favela Olímpica assume così piano piano le sembianze di un intrigante e crudele film di spionaggio che vorremmo così tanto finisse bene. Anche se chiaramente documentario, il nuovo film di Samuel Chalard tesse una drammaturgia così sottile e brillante da farci interrogare sulla potenza delle realtà stessa, sui confini fragilissimi che dividono narrazione documentaria e finzione.

In ogni momento, passando da una testimonianza contrastante all’altra ci rendiamo conto del potere delle parole, di discorsi (soprattutto quelli degli architetti che ci spiegano il progetto di trasformare in un secondo tempo il Parco olimpico in strutture scolastiche aperte a tutti) ai quali vorremmo davvero credere, prima di renderci conto delle trappole che nascondono. Appesi ad un filo di speranza che si affievolisce sempre più, non possiamo impedirci di sperare nel meglio, aggrappandoci a discorsi che sappiamo fatti apposta per farci dubitare. La verità, semplice nella sua crudeltà, risuona solo in un luogo: la Vila Autódromo, che come una calamita attira lo sguardo del regista che si posa su quei piccoli ma importantissimi dettagli (i gesti quotidiani di un quartiere che diventa corpo) che fanno degli abitanti della favela tanti piccoli eroi dell’ombra. Resistere o patteggiare? Sopravvivere, ma a che prezzo? Queste sono le domande che aleggiano a Vila Autódromo accompagnate dalla polvere delle ruspe. “La polvere amica” come dice uno dei protagonisti, la sola arma che gli è rimasta e che beffarda, non smette di sporcare l’immagine da cartolina di una metropoli piena di contraddizioni. 

Favela Olímpica è prodotto da Frédéric Gonseth e distribuito da Outside the Box.

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(Tradotto dall'inglese)

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