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CANNES 2018 Un Certain Regard

Recensione: Border

di 

- CANNES 2018: Il danese Ali Abbasi gioca con i generi al confine tra realismo e fantastico, con un film affascinante che nel finale sfiora il grottesco

Recensione: Border
Eero Milonoff e Eva Melander in Border

"Ma è possibile sentire ciò che sente la gente?". A questa domanda classica sull’esistenza o meno di un sesto senso, il cineasta danese di origine iraniana Ali Abbasi dà una risposta sempre più straordinaria in Border [+leggi anche:
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, svelato nella selezione Un Certain Regard del 71° Festival di Cannes e suo secondo lungometraggio dopo Shelley [+leggi anche:
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(ammirato al Panorama della Berlinale 2016). Va detto che il regista disponeva di una fonte letteraria solida in termini di fantasmagoria oscillante tra il reale e l'irrazionale, dal momento che ha adattato un libro di John Ajvide Lindquist, un autore che aveva già permesso a Tomas Alfredson di distinguersi con Morse [+leggi anche:
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. Ma questo buon materiale di base, sceneggiato (da Abbasi insieme all'autore del romanzo e a Isabella Eklöf) con un acuto senso del mistero, non sarebbe nulla senza un regista di grande talento, dotato in particolare di una percezione ultra-sensibile delle atmosfere e che riesce gradualmente a rendere credibile l'incredibile (sfumandone anche i limiti) con grande abilità visiva. Eppure, tutto ciò non era ovvio sulla carta.

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Tina (la svedese Eva Melander), il personaggio principale di Border è una donna massiccia, con una faccia particolarmente scimmiesca, qualificata come "orribile cagna" mentre effettua i suoi controlli allo sbarco del traghetto nella sua veste di funzionaria della dogana. Ma innamorata persa della foresta dove vive con un compagno che la ignora, concentrato com’è sui suoi molossi che trascina da un concorso all’altro, Tina ha un dono particolare: un fiuto incredibile ("posso sentire la vergogna, il senso di colpa, la rabbia, questo genere di cose"). Le narici tremano, così ferma un uomo che tiene nascosta nel suo telefono una scheda di memoria piena di pedopornografia, cosa che spinge la polizia locale a usarlo per risalire alla rete. Ma nell'esercizio delle sue funzioni incontra anche Vore (il finlandese Eero Milonoff), un viaggiatore strano che turba i suoi sensi, il cui aspetto e atteggiamento sono molto simili ai suoi, che ha sulla schiena una cicatrice identica a quella che Tina porta sin dall'infanzia, ma anche (con grande sorpresa dell'ufficiale di dogana che effettua la perquisizione) un sesso femminile. Un essere così strano e inquietante al quale Tina si avvicinerà senza conoscere ancora tutta la verità sulla loro identità comune...

Orchestrata in maniera sapiente, la trama di Border diventa via via sempre più delirante (un po’ troppo nell’ultima parte), ma il film mantiene fermamente la sua linea realistica (indagine della polizia, passione fisica, ecc.). nonostante un'evoluzione narrativa che si avvicina alla favola dark. Un doppio livello che esplora il tema dell'animalità e della società, e che il regista amplifica grazie alla sua propensione per le scene nella natura e alla qualità dei due attori principali che competono in espressività sotto le loro spesse maschere di silicone. E nonostante l'intreccio forzato tra Vore e l’indagine, che spinge un po' troppo oltre i confini della stravaganza tendendo pericolosamente verso il grottesco, il funambolico Ali Abbasi porta a buon fine la sua avventura come regista al lavoro in universi paralleli stupefacenti.

Prodotto dagli svedesi di Meta Spark & Kärnfilm AB, Border è venduto nel mondo da Films Boutique.

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(Tradotto dal francese)

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